venerdì 24 febbraio 2017

Mary Jane Kelly, ultima vittima di Jack Lo Squartatore


Tutti noi conosciamo la storia di Jack Lo Squartatore, uno dei più grandi serial killer della storia, ma in pochi conoscono ciò che c'è da sapere su Mary Jane Kelly.
Purtroppo si hanno poche notizie su di lei. 
Nota anche come Mary Jeanette, Black Mary, Fair Emma e Ginger, al momento della sua morte aveva 25 anni e viveva in povertà, costretta a prostituirsi. Si dice avesse lunghi capelli rossi, occhi grandi blu e che fosse alta 1.70 m e magra, ma ben formosa. 
Mary Jane Kelly, a detta di tutti, era molto bella e attraente, con la carnagione chiara. Affascinava ogni uomo. 
Ginger portava spesso un grembiule bianco e pulito, ma mai cappelli ed era una grande bellezza per gli standard dell'epoca.
Secondo Joseph Barnett, l'ultimo uomo che visse con lei, Mary Jane nacque a Limerick, in Irlanda, nel 1863, e la sua famiglia si trasferì nel Galles quando lei era piccina. 
Suo padre era John Kelly e lavorava il ferro, aveva sette fratelli e una sorella; un fratello di nome Henry che combatté nella seconda battaglia di Scot Guards. Ella disse a una sua amica, Lizzie, che un membro della famiglia lavorava per il teatro a Londra. Una ex vicina di stanza, la McCarthy, descrive la nostra Mary Jane come una grande studiosa e una grande artista, ma analfabeta; difatti, Mary Jane si lasciava leggere il giornale e i necrologi dalla McCarthy.
Nel 1879, la Kelly si risposò con un minatore di nome Davies, che venne ucciso due o tre anni più tardi in una esplosione di mine. Ella si trasferì prima a Cardiff dove restò ricoverata in ospedale per un anno e poi da una cugina dopo vari mesi e, tornando a Londra, trovò lavoro nei sobborghi, in un bordello nel West End. 
Venne invitata in Francia da un cliente, dove usò il soprannome ''Mary Jeanette'' per la prima volta, per poi adottarlo frequentemente. Mary Jane dopo un po' di tempo venne conosciuta anche con il soprannome di ''Fair Emma'', anche se non si sa per quale motivo: se per il colore di capelli, per la carnagione o per la bellezza. 
Molti dicono che presumibilmente venne chiamata ''Ginger'' per i capelli color zenzero.
Visse prima con un uomo di nome Morganstone, poi con un altro chiamato Joe Flemming.
Da ubriaca, era solita cantare canzoni irlandesi e, quando era in quello stato, diveniva rabbiosa e causava litigi e per questo venne chiamata ''Black Mary'', l'oscura Maria.
La McCarthy infatti, diceva di lei che fosse una buona persona, serena, solare e tranquilla, ma rumorosa da ubriaca: una vicina disse che ruppe anche una finestra. Barnett incontrò Mary Jane nel 1887 e lavorava al mercato del pesce, ma quando i soldi cominciarono a scarseggiare, Mary Jane cominciò di nuovo a prostituirsi, pur non volendo.
Barnett la lasciò ma continuò a vederla. Egli visitò la Kelly per l'ultima volta tra le 19:00 e le 20:00 dell'8 Novembre. Quella sera Ginger era in compagnia di un'amica, Maria Harvey.
Secondo una prostituta, Mary Ann Cox, nell'ultima sera Mary Jane tornò a casa con un uomo dai capelli color zenzero anch'egli che indossava un cappello a bombetta e portava un pacco di birra. Ginger era ubriaca e cantava ripetutamente la canzone irlandese ''A Violet I Pluckd From Mother's Grave''. Ella stava ancora cantando quando Mary Ann uscì di casa e anche quando fece ritorno.
Elizabeth Prather disse che quando andò a dormire, all'1:30 della sera, Mary Jane smise finalmente di cantare. L'operaio George Hutcinson, che conosceva molto bene la ragazza, ammise di averla incontrata in strada verso le 2:00 di notte; ella gli chiese un prestito di sei pence per pagare l'affitto della sua stanza, ma lui non poté darglieli. Così Mary venne fermata da lui... un uomo dall'apparente aspetto ebreo. In seguito l'uomo diede una descrizione dettagliata dell'uomo, pur essendo stati effettivamente al buio: basso, con baffi, ben vestito e capelli biondi. 
Si diressero verso l'abitazione di Mary e lei si lamentò di aver perduto il fazzoletto, così l'uomo gliene rese uno suo rosso. Alle 2:45 si diressero in camera di Mary. 
La Cox tornò a casa alle 3:00 e dichiarò di non aver sentito nulla provenire dalla stanza di Mary e di non aver veduto nulla, poiché le luci erano spente. 
Però, fortunatamente, sentì qualcuno abbandonare la casa verso le 5:45 di mattina.
Elizabeth Prather e Sara Lewis, vicine di casa, sentirono verso le 4:00 l'urlo ''Murder!'' , ovvero ''Assassinio!'', cosa normale da sentire in quei quartieri, di notte. 
La mattina del 9 Novembre 1888, il padrone di casa Kelly John McCarthy mandò a riscuotere l'affitto e Mary Jane era in ritardo di sei settimane dal pagamento per 29 scellini. Alle 10:45 bussarono alla sua porta ma non ricevettero risposta. Allora sbirciò in casa e fece una scoperta agghiacciante: il corpo orribilmente mutilato della giovane Mary Jane.
Delle persone dichiararono di aver visto la ragazza il mattino seguente, ma le loro descrizioni non corrispondevano a quella di Mary. 
I vestiti di Mary Jane vennero bruciati, probabilmente per fornire luce nella camera. La mutilazione del cadavere era sicuramente la più estesa degli omicidi di Whitechapel, la più sadica, la più terrificante. Il Dr. Thomas Bond e il Dr. George Bagster Philips esaminarono il cadavere. Philips asserì che ci vollero almeno due ore per eseguire le mutilazioni, e Bond invece, che il rigor mortis sarebbe avvenuto probabilmente tra le 2:00 e le 8:00 del mattino. Il corpo giaceva nudo nel mezzo del letto, le spalle piatte ma l'asse del corpo inclinata verso il lato sinistro del letto, la testa girata sulla guancia sinistra.  Il braccio sinistro era vicino al corpo con l'avambraccio piegato ad angolo retto e disteso attraverso l'addome. Il braccio destro era leggermente staccato e appoggiato sul materasso. 
Le gambe divaricate, la coscia sinistra ad angolo retto rispetto al tronco. L'intera superficie del ventre e cosce vennero rimossi  e la cavità addominale svuotata dalle viscere. 
I seni sono stati tagliati fuori, le braccia mutilate dalle diverse ferite frastagliate e il volto tagliato, sfigurato, irriconoscibile delle sue caratteristiche. I tessuti del collo sono stati interrotti tutto fino all'osso. L'utero, reni e seno vennero trovati sotto la testa, l'altro seno accanto al piede destro, il fegato tra i piedi, gli intestini dal lato destro e la milza al lato sinistro del corpo. I lembi rimossi dalle cosce e dall'addome erano su un tavolo. Il resto dell'abbigliamento era saturo di sangue, e al piano di sotto c'era una pozza che copriva almeno due piedi quadrati. Il viso era completamente squarciato, di tutto, tutto rimosso: naso, bocca, occhi. Il pericardio era reciso e il cuore... il cuore non c'era più: scomparso nel nulla.
Il coltello utilizzato per il delitto fu lungo circa 25 mm e largo 150, ma non si pensa che per fare ciò l'assassino abbia avuto competenze mediche, (come ad esempio avvenne per la Black Dahlia).
La mutilazione è stata inflitta da una persona che non aveva nessuna conoscenza nel campo, nemmeno da macellaio. 
Il corpo venne identificato da Barnett, che riconobbe l'orecchio e gli occhi. 
Mary Jane Kelly, venne brutalmente così, ammazzata, da uno dei più grandi serial killer di tutta la storia. 
Kelly è stato sepolta nel cimitero cattolico a Leytonstone, il 19 novembre 1888 e nessun membro della famiglia andò al funerale. 
E Jack lo squartatore, non venne mai trovato.
E magari un giorno potrà avere la sua vendetta in un'altra vita, Mary Jane, e la sentiremo ancora cantare quelle tanto belle canzoni irlandesi, che la riportavano, inconsciamente, a casa.

                                                                                                       A Cura di Caroline Freyaa Darko
                                                                       

Quel giorno, non sarebbe dovuto arrivare.  
In quel giorno, non sarebbe dovuto accadere, ma è successo.  
Le sue lame affondarono nella mia carne veementemente, con rabbia, eccitazione, pazzia.  
Cieca follia che abbagliava la mente di quell’uomo dall’aspetto tanto regale e insospettabile. Chiedevo solamente di passare l’ennesima notte in compagnia di un individuo, per sopravvivere all’inverno, alla vita, al resto dei miei penosi giorni.  
L’alcool aveva alleviato la sofferenza, i ricordi, i pensieri più tetri. Quella notte, era stato tutto già molto singolare. 
 Rammento di aver cantato a lungo, a voce alta, mentre ci dirigevamo al mio scialbo appartamento.  
Camminavamo sul ciglio della strada, la figura bassa e inquietante, di fianco alla mia persona; non parlava, se ne stava in silenzio ad ascoltare la mia patetica performance da quattro soldi.  
Non smisi di cantare nemmeno una volta giunti in casa; gli chiesi se volesse dell’acqua - ch'era l'unica cosa che potessi permettermi- , ma dissentì, così presi a spogliarmi lentamente nel solo modo sensuale che riuscissi a fare.  
E lui mi fissava: i suoi occhi seguivano ogni centimetro nudo della mia pelle, poco alla volta, bramoso e smanioso di assaggiare, ma non lo faceva come di solito gli uomini adoravano fare. 
C’era qualcosa di strano nel suo sguardo, qualcosa che mi catturò e mi mandò fuori di testa.  
Avanzò verso di me mettendosi poi in ginocchio: baciò il mio ventre piatto ispirando il profumo della mia carne mentre una sua mano, viaggiava fra le mie cosce incontrollata.  
Mi accarezzò piano, come se temesse di rompere un cristallo fragile e raro ma quando mi distese sul letto, diede inizio alla sua opera.  
Fu dentro di me e mi parve che l’universo stesse collassando; il mio cuore si riempì di una sensazione di pienezza finora sconosciuta e cominciò a battere furioso, come un cavallo durante una corsa.  
Le spinte veloci, decise, così naturali da mettermi angoscia ma così intense da mandare la mia mente altrove, in luoghi ignoti.  
Spinse il mio corpo sopra di lui e non smise un solo secondo di guardarmi, studiarmi, carpire ogni mio gemito e bearsi del lavoro che stava svolgendo. 
Estasiata perdevo la cognizione delle cose e a ogni balzo sul suo membro duro, era come toccare il cielo e poi tornare alla realtà.  
Ripeté il mio nome così tanto, che ancor oggi il suono della sua voce echeggia nella mia mente. 
Mary Jane, Mary Jane”. 
 Eppure mi parve di non avergli mai rivelato la mia identità.  
Sii la mia bambina, tutta la notte. Sii la mia piccola Ginger”. 
E io lo assecondai, era il mio lavoro… e sentivo il bisogno di farlo.  
Raggiunsi l’ennesimo orgasmo, lui con me in una meravigliosa e inquietante sincronia.  
Subito dopo, allegra, cantai nuovamente: intonai la stessa canzone che la mia mamma mi sussurrava per farmi addormentare, quando ancora ero una fanciulla e vivevo nella mia cara e amata Irlanda.  
Sempre fisso su ogni mio gesto, lui se ne stava a guardare ciò che io non riuscii a capire mai. 
Poi accadde il peggio.  
Le sue lame trovarono e dilaniarono il mio corpo nudo, lo straziarono, lo torturarono, presero a giocare con esso in modo malato, possessivo.  
Non ebbi neanche la forza di difendermi, di strillare forte e uscire fuori a chiedere aiuto pur essendo certa che nessuno mai avrebbe dato una mano, a una prostituta come me.  
E piangeva Jack, preso dalla sua follia d’amore. Piangeva entusiasta dell’atto appena compiuto, delle sue fantomatiche gesta. 
Quella notte, feci l’amore con uno sconosciuto più volte, e benché non riuscissi a comprendere quell’assurda e malsana situazione, mi sentii appagata realmente.  
Quella notte, Jack, mi coccolò nel modo in cui si tratta una donna rispettata e di un certo ceto  
sociale.  
Quella notte, Jack, decise che sarebbe stato per me l’ultima della mia vita.  
Feci l’amore con il diavolo scendendo fino all’inferno, eppure in un modo così malato da non poterlo dimenticare, mi parve di toccare il paradiso.
                                                                                                                     A Cura di Lilyan Beaudonte




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