venerdì 24 febbraio 2017

Mary Jane Kelly, ultima vittima di Jack Lo Squartatore


Tutti noi conosciamo la storia di Jack Lo Squartatore, uno dei più grandi serial killer della storia, ma in pochi conoscono ciò che c'è da sapere su Mary Jane Kelly.
Purtroppo si hanno poche notizie su di lei. 
Nota anche come Mary Jeanette, Black Mary, Fair Emma e Ginger, al momento della sua morte aveva 25 anni e viveva in povertà, costretta a prostituirsi. Si dice avesse lunghi capelli rossi, occhi grandi blu e che fosse alta 1.70 m e magra, ma ben formosa. 
Mary Jane Kelly, a detta di tutti, era molto bella e attraente, con la carnagione chiara. Affascinava ogni uomo. 
Ginger portava spesso un grembiule bianco e pulito, ma mai cappelli ed era una grande bellezza per gli standard dell'epoca.
Secondo Joseph Barnett, l'ultimo uomo che visse con lei, Mary Jane nacque a Limerick, in Irlanda, nel 1863, e la sua famiglia si trasferì nel Galles quando lei era piccina. 
Suo padre era John Kelly e lavorava il ferro, aveva sette fratelli e una sorella; un fratello di nome Henry che combatté nella seconda battaglia di Scot Guards. Ella disse a una sua amica, Lizzie, che un membro della famiglia lavorava per il teatro a Londra. Una ex vicina di stanza, la McCarthy, descrive la nostra Mary Jane come una grande studiosa e una grande artista, ma analfabeta; difatti, Mary Jane si lasciava leggere il giornale e i necrologi dalla McCarthy.
Nel 1879, la Kelly si risposò con un minatore di nome Davies, che venne ucciso due o tre anni più tardi in una esplosione di mine. Ella si trasferì prima a Cardiff dove restò ricoverata in ospedale per un anno e poi da una cugina dopo vari mesi e, tornando a Londra, trovò lavoro nei sobborghi, in un bordello nel West End. 
Venne invitata in Francia da un cliente, dove usò il soprannome ''Mary Jeanette'' per la prima volta, per poi adottarlo frequentemente. Mary Jane dopo un po' di tempo venne conosciuta anche con il soprannome di ''Fair Emma'', anche se non si sa per quale motivo: se per il colore di capelli, per la carnagione o per la bellezza. 
Molti dicono che presumibilmente venne chiamata ''Ginger'' per i capelli color zenzero.
Visse prima con un uomo di nome Morganstone, poi con un altro chiamato Joe Flemming.
Da ubriaca, era solita cantare canzoni irlandesi e, quando era in quello stato, diveniva rabbiosa e causava litigi e per questo venne chiamata ''Black Mary'', l'oscura Maria.
La McCarthy infatti, diceva di lei che fosse una buona persona, serena, solare e tranquilla, ma rumorosa da ubriaca: una vicina disse che ruppe anche una finestra. Barnett incontrò Mary Jane nel 1887 e lavorava al mercato del pesce, ma quando i soldi cominciarono a scarseggiare, Mary Jane cominciò di nuovo a prostituirsi, pur non volendo.
Barnett la lasciò ma continuò a vederla. Egli visitò la Kelly per l'ultima volta tra le 19:00 e le 20:00 dell'8 Novembre. Quella sera Ginger era in compagnia di un'amica, Maria Harvey.
Secondo una prostituta, Mary Ann Cox, nell'ultima sera Mary Jane tornò a casa con un uomo dai capelli color zenzero anch'egli che indossava un cappello a bombetta e portava un pacco di birra. Ginger era ubriaca e cantava ripetutamente la canzone irlandese ''A Violet I Pluckd From Mother's Grave''. Ella stava ancora cantando quando Mary Ann uscì di casa e anche quando fece ritorno.
Elizabeth Prather disse che quando andò a dormire, all'1:30 della sera, Mary Jane smise finalmente di cantare. L'operaio George Hutcinson, che conosceva molto bene la ragazza, ammise di averla incontrata in strada verso le 2:00 di notte; ella gli chiese un prestito di sei pence per pagare l'affitto della sua stanza, ma lui non poté darglieli. Così Mary venne fermata da lui... un uomo dall'apparente aspetto ebreo. In seguito l'uomo diede una descrizione dettagliata dell'uomo, pur essendo stati effettivamente al buio: basso, con baffi, ben vestito e capelli biondi. 
Si diressero verso l'abitazione di Mary e lei si lamentò di aver perduto il fazzoletto, così l'uomo gliene rese uno suo rosso. Alle 2:45 si diressero in camera di Mary. 
La Cox tornò a casa alle 3:00 e dichiarò di non aver sentito nulla provenire dalla stanza di Mary e di non aver veduto nulla, poiché le luci erano spente. 
Però, fortunatamente, sentì qualcuno abbandonare la casa verso le 5:45 di mattina.
Elizabeth Prather e Sara Lewis, vicine di casa, sentirono verso le 4:00 l'urlo ''Murder!'' , ovvero ''Assassinio!'', cosa normale da sentire in quei quartieri, di notte. 
La mattina del 9 Novembre 1888, il padrone di casa Kelly John McCarthy mandò a riscuotere l'affitto e Mary Jane era in ritardo di sei settimane dal pagamento per 29 scellini. Alle 10:45 bussarono alla sua porta ma non ricevettero risposta. Allora sbirciò in casa e fece una scoperta agghiacciante: il corpo orribilmente mutilato della giovane Mary Jane.
Delle persone dichiararono di aver visto la ragazza il mattino seguente, ma le loro descrizioni non corrispondevano a quella di Mary. 
I vestiti di Mary Jane vennero bruciati, probabilmente per fornire luce nella camera. La mutilazione del cadavere era sicuramente la più estesa degli omicidi di Whitechapel, la più sadica, la più terrificante. Il Dr. Thomas Bond e il Dr. George Bagster Philips esaminarono il cadavere. Philips asserì che ci vollero almeno due ore per eseguire le mutilazioni, e Bond invece, che il rigor mortis sarebbe avvenuto probabilmente tra le 2:00 e le 8:00 del mattino. Il corpo giaceva nudo nel mezzo del letto, le spalle piatte ma l'asse del corpo inclinata verso il lato sinistro del letto, la testa girata sulla guancia sinistra.  Il braccio sinistro era vicino al corpo con l'avambraccio piegato ad angolo retto e disteso attraverso l'addome. Il braccio destro era leggermente staccato e appoggiato sul materasso. 
Le gambe divaricate, la coscia sinistra ad angolo retto rispetto al tronco. L'intera superficie del ventre e cosce vennero rimossi  e la cavità addominale svuotata dalle viscere. 
I seni sono stati tagliati fuori, le braccia mutilate dalle diverse ferite frastagliate e il volto tagliato, sfigurato, irriconoscibile delle sue caratteristiche. I tessuti del collo sono stati interrotti tutto fino all'osso. L'utero, reni e seno vennero trovati sotto la testa, l'altro seno accanto al piede destro, il fegato tra i piedi, gli intestini dal lato destro e la milza al lato sinistro del corpo. I lembi rimossi dalle cosce e dall'addome erano su un tavolo. Il resto dell'abbigliamento era saturo di sangue, e al piano di sotto c'era una pozza che copriva almeno due piedi quadrati. Il viso era completamente squarciato, di tutto, tutto rimosso: naso, bocca, occhi. Il pericardio era reciso e il cuore... il cuore non c'era più: scomparso nel nulla.
Il coltello utilizzato per il delitto fu lungo circa 25 mm e largo 150, ma non si pensa che per fare ciò l'assassino abbia avuto competenze mediche, (come ad esempio avvenne per la Black Dahlia).
La mutilazione è stata inflitta da una persona che non aveva nessuna conoscenza nel campo, nemmeno da macellaio. 
Il corpo venne identificato da Barnett, che riconobbe l'orecchio e gli occhi. 
Mary Jane Kelly, venne brutalmente così, ammazzata, da uno dei più grandi serial killer di tutta la storia. 
Kelly è stato sepolta nel cimitero cattolico a Leytonstone, il 19 novembre 1888 e nessun membro della famiglia andò al funerale. 
E Jack lo squartatore, non venne mai trovato.
E magari un giorno potrà avere la sua vendetta in un'altra vita, Mary Jane, e la sentiremo ancora cantare quelle tanto belle canzoni irlandesi, che la riportavano, inconsciamente, a casa.

                                                                                                       A Cura di Caroline Freyaa Darko
                                                                       

Quel giorno, non sarebbe dovuto arrivare.  
In quel giorno, non sarebbe dovuto accadere, ma è successo.  
Le sue lame affondarono nella mia carne veementemente, con rabbia, eccitazione, pazzia.  
Cieca follia che abbagliava la mente di quell’uomo dall’aspetto tanto regale e insospettabile. Chiedevo solamente di passare l’ennesima notte in compagnia di un individuo, per sopravvivere all’inverno, alla vita, al resto dei miei penosi giorni.  
L’alcool aveva alleviato la sofferenza, i ricordi, i pensieri più tetri. Quella notte, era stato tutto già molto singolare. 
 Rammento di aver cantato a lungo, a voce alta, mentre ci dirigevamo al mio scialbo appartamento.  
Camminavamo sul ciglio della strada, la figura bassa e inquietante, di fianco alla mia persona; non parlava, se ne stava in silenzio ad ascoltare la mia patetica performance da quattro soldi.  
Non smisi di cantare nemmeno una volta giunti in casa; gli chiesi se volesse dell’acqua - ch'era l'unica cosa che potessi permettermi- , ma dissentì, così presi a spogliarmi lentamente nel solo modo sensuale che riuscissi a fare.  
E lui mi fissava: i suoi occhi seguivano ogni centimetro nudo della mia pelle, poco alla volta, bramoso e smanioso di assaggiare, ma non lo faceva come di solito gli uomini adoravano fare. 
C’era qualcosa di strano nel suo sguardo, qualcosa che mi catturò e mi mandò fuori di testa.  
Avanzò verso di me mettendosi poi in ginocchio: baciò il mio ventre piatto ispirando il profumo della mia carne mentre una sua mano, viaggiava fra le mie cosce incontrollata.  
Mi accarezzò piano, come se temesse di rompere un cristallo fragile e raro ma quando mi distese sul letto, diede inizio alla sua opera.  
Fu dentro di me e mi parve che l’universo stesse collassando; il mio cuore si riempì di una sensazione di pienezza finora sconosciuta e cominciò a battere furioso, come un cavallo durante una corsa.  
Le spinte veloci, decise, così naturali da mettermi angoscia ma così intense da mandare la mia mente altrove, in luoghi ignoti.  
Spinse il mio corpo sopra di lui e non smise un solo secondo di guardarmi, studiarmi, carpire ogni mio gemito e bearsi del lavoro che stava svolgendo. 
Estasiata perdevo la cognizione delle cose e a ogni balzo sul suo membro duro, era come toccare il cielo e poi tornare alla realtà.  
Ripeté il mio nome così tanto, che ancor oggi il suono della sua voce echeggia nella mia mente. 
Mary Jane, Mary Jane”. 
 Eppure mi parve di non avergli mai rivelato la mia identità.  
Sii la mia bambina, tutta la notte. Sii la mia piccola Ginger”. 
E io lo assecondai, era il mio lavoro… e sentivo il bisogno di farlo.  
Raggiunsi l’ennesimo orgasmo, lui con me in una meravigliosa e inquietante sincronia.  
Subito dopo, allegra, cantai nuovamente: intonai la stessa canzone che la mia mamma mi sussurrava per farmi addormentare, quando ancora ero una fanciulla e vivevo nella mia cara e amata Irlanda.  
Sempre fisso su ogni mio gesto, lui se ne stava a guardare ciò che io non riuscii a capire mai. 
Poi accadde il peggio.  
Le sue lame trovarono e dilaniarono il mio corpo nudo, lo straziarono, lo torturarono, presero a giocare con esso in modo malato, possessivo.  
Non ebbi neanche la forza di difendermi, di strillare forte e uscire fuori a chiedere aiuto pur essendo certa che nessuno mai avrebbe dato una mano, a una prostituta come me.  
E piangeva Jack, preso dalla sua follia d’amore. Piangeva entusiasta dell’atto appena compiuto, delle sue fantomatiche gesta. 
Quella notte, feci l’amore con uno sconosciuto più volte, e benché non riuscissi a comprendere quell’assurda e malsana situazione, mi sentii appagata realmente.  
Quella notte, Jack, mi coccolò nel modo in cui si tratta una donna rispettata e di un certo ceto  
sociale.  
Quella notte, Jack, decise che sarebbe stato per me l’ultima della mia vita.  
Feci l’amore con il diavolo scendendo fino all’inferno, eppure in un modo così malato da non poterlo dimenticare, mi parve di toccare il paradiso.
                                                                                                                     A Cura di Lilyan Beaudonte




domenica 5 febbraio 2017

Vlad III l' impalatore: il Dracul della Valacchia


Rappresentazione di Vlad III 


Vlad III di Valacchia (nato il 2 Novembre del 1428/1431-1476/1477 non si è propriamente certi), è colui che tutti noi oggi conosciamo con il nome di Vlad Tepes (Vlad l'impalatore) o più comunemente Dracula.
Nasce a Segesvàr nell'allora principato di Erdèly da Vlad II, governatore della Valacchia e futuro principe di Transilvania e dalla principessa Cneajina, appartenente alla rinomata famiglia moldava dei Musatin.
Diversi anni prima, il padre aveva ottenuto un riconoscimento assai importante che segnò l'intera dinastia: il titolo di Cavaliere dell' Ordine del Drago da cui la famiglia assunse il nominativo di Dracul (in romeno "drago" o anche "diavolo").*Quest'ordine fu creato da Sigismondo, re d'Ungheria (e successivamente imperatore del Sacro Romano Impero) e sua moglie Barbara Cilli nel 1387, che aveva come scopo più importante, quello di proteggere il Cattolicesimo e lottare contro gli irrequieti Turchi. 
Così, il termine Draculea come egli stesso si faceva chiamare, significava letteralmente "Figlio del Drago" anche se, secondo il rumeno più moderno, assunse il concetto di "figlio del diavolo" (giravano voci infatti, che Vlad III, avesse fatto un patto con il demonio); l'irlandese Bram Stoker utilizzò questo appellativo per il suo romanzo gotico "Dracula" nel 1897. Un altro dei suoi "soprannomi" più usati era Vlad Tepes letteralmente "Vlad l'Impalatore", così chiamato per il suo metodo di esecuzione preferito; anche gli Ottomani si riferivano a lui con il nome di "Kazikli (Kaziglu) Bey" ovvero "Principe Impalatore".
Egli non era di statura altissima ma piuttosto forte e robusto con spalle forti che gli conferivano un aspetto crudele; possedeva un lungo naso dritto, narici larghe e un viso affilato e rossastro dove si incontravano due grandi occhi chiari, incorniciati da sopracciglia nere e folte che rendevano il suo sguardo ancor più minaccioso. Il suo viso era completamente rasato salvo per un paio di baffi lunghi e neri e le sue grosse tempie, facevano apparire la sua testa ancor più grossa, circondata da lunghi e ricci capelli neri.


 Vlad II e il voltafaccia verso i suoi figli


A sinistra Radu il Bello, a destra Vlad Tepes
Mentre il fratello primogenito Mircea (figlio preferito di Vlad II)  partecipava attivamente alle campagne militari affiancando suo padre in battaglia, il Sultano Murat II, avanzava irruento sui territori della Transilvania.
Vlad II, preoccupato per le sue sorti (la prigionia o addirittura la morte, non rientrava nelle sue fantasie più ambite), decise di piegarsi al volere del suo sultano e, come segno di fedeltà, scelse di affidargli in «ostaggio» due dei suoi figli ovvero Vlad III e Radu (terzogenito), senza aver nessuna cura delle loro sorti. In quegli anni trascorsi alla corte del Sultano Murat II, i due fratelli vennero disciplinati seguendo un'educazione turca: dall'arte della guerra, alla logica, 
alla fede musulmana,apprendendo di loro anche abitudini e regole della diplomazia. 
Partecipavano a maestosi banchetti conoscendo fin da giovani la lussuria appartenente agli Harem sia maschili che femminili.
Si dimostrarono parecchio interessati a ciò e a Radu, fu assegnato l'appellativo di "Bello", tant'è che il sultano stesso lo volle nel proprio Harem maschile.
Si crede che Vlad imparò anche la geografia, la matematica, le scienze, le lingue (slavo ecclesiastico antico, tedesco e latino), le arti classiche e la filosofia.
Quando nel 1447, in Transilvania, Vlad II e Mircea caddero in un'imboscata e persero la vita (il padre morì in battalia e suo fratello venne accecato con ferri roventi e sepolto vivo), ad appena sedici anni Vlad divenne il legittimo erede al trono valacco, Vlad III.
Essendo ancora prigioniero del sultano, decise di scappare dalla corte Turca e, secondo una fiaba del folklore rumeno, riuscì nella fuga grazie all'aiuto di Maometto II; *si travestì da ancella e scappò a cavallo, trottando tutta la notte per i boschi desolati della Transilvania, giungendo alla reggia paterna di Tirgoviste che purtroppo però, trovò occupato da un usurpatore.
Stanco per il lungo viaggio, trovò rifugio alla corte dello zio Bogdan in Moldavia,dove venne nuovamente istruito alla religione cristiana insieme al cugino Stefano (suo coetaneo, un uomo intelligente e di buon cuore) che diversi anni più tardi, dopo aver sconfitto l'usurpatore Aron in Moldavia, divenne il nuovo Re.

Nel 1454 finalmente Vlad III rientrò in possesso dei domini paterni e finalmente da quel momento poté ottenere la sua cruda vendetta.


L'impalatore
Si diffuse proprio in quegli anni, la sua fama di "Tepes", mettendo in pratica le torture e le sevizie apprese dai turchi. Prese addirittura ad organizzare feste e banchetti per "sbarazzarsi" dei suoi nemici e, successivamente alla loro morte impalati lasciati sui pali acuminati della propria foresta, restava a guardare la sua "opera" dall'alto della sua fortezza.
I supplizi non erano sempre gli stessi ma avvenivano a seconda del proprio umore o dell'importanza della sua vittima; solitamente i pali con la quale amava svolgere la sua attività di impalatore, avevano l'estremità appuntita (per trafiggere il succube all'altezza dell'addome e issarlo nella parte più in alto in attesa della sua morte che sia stata immediata o consumata in una lenta agonia) oppure con la punta arrotondata e cosparsa di grasso (l'asta veniva inserita nel retto in modo che il peso stesso del condannato a morte, la facesse penetrare all'interno del corpo). 
Per i ricchi e i mercanti invece, riservava un trattamento ancor diverso: per i primi, l'asta era più lunga e veniva ricoperta d'argento, per i secondi invece (che Tepes detestava particolarmente perché a detta sua, erano i colpevoli  del decadimento dell'economia della Valacchia) le stanghe avevano incise tacche direttamente nel legno per prolungare l'agonia dei mal capitati i quali i corpi, rallentavano nello scivolamento.
Circolavano tante storie all'epoca sui vari crimini commessi dal Principe di Valacchia; si racconta che durante un banchetto con vista su una foresta grondante di corpi impalati, Tepes ricevette la visita di un cronista dal Vaticano che si lamentò dell'aberrante vista e del fetido odore emanato dai corpi morti dei nemici di Vlad III.
Così quest'ultimo, colpito da tale offesa, impalò l'uomo sulla stanga più alta di tutte in modo che non fosse più disturbato dall'odore degli altri corpi.
Un'altra avventura vede come protagonista una scena volta al cannibalismo; si dice infatti che durante un banchetto 'ove partecipavano dei mercanti (che a suo dire gli avevano mancato di rispetto), alla fine del pasto ne fece sventrare uno e obbligò un altro, a mangiare il contenuto dello stomaco del primo. Di conseguenza venne fatto bollire e il restante fu abbandonato ai cani.
Non sono di certo mancati, a proposito di tal fatto, dei riferimenti a riti cannibalistici. 
Nel 1460, fece impalare 10.000 persone (anche se molti sostengono che il numero si aggiri intorno ai 20.000 o addirittura 30.000) in sole tre ore e non contento dell'atto appena compiuto, li fece cospargere di miele in modo che gli insetti ne venissero attratti e procurassero tormento maggiore alle vittime.
L'anno successivo arrivò un sultano turco a palazzo e, quando questi si rifiutò di levarsi il turbante (perché sarebbe stato un gesto irrispettoso verso la sua religione), Vlad diede l'ordine di inchiodargli il copricapo direttamente sulla testa.

Dracula e l'amore
Ben presto il nostro "Dracula", troverà anche l'amore; durante un ricevimento infatti, si innamorò perdutamente della contessa Valeria, la quale sposò in breve tempo prima di partire per conto del papa Pio II, contro l'Islam.
Nonostante Vlad riuscì a penetrare nel loro accampamento con il tentativo di uccidere il suo amico di prigionia turca, Maometto II, fallì e fu costretto a ritirarsi; quando fece ritorno al suo castello, scoprì una tremenda e orribile verità: la principessa Valeria si era uccisa gettandosi dalla torre del suo castello, cadendo fra le acque del fiume Arges, perché qualcuno le aveva riferito che suo marito fosse morto in battaglia.



Dipinto di Vlad Tepes rappresentate una battaglia
 Gli ultimi scontri e la morte
Dopo la perdita della sua amata consorte, Vlad III divenne ancora più sanguinario.
Maometto II assoldò Radu fratello di Vlad, per far spodestare quest'ultimo e quando ci riuscì, Tepes fu costretto a rifugiarsi in una grotta (insieme ad un modesto numero di suoi alleati) nei monti della Transilvania.
Più tardi, il principe di Valacchia verrà condotto in catene a Buda dove resterà prigioniero per 12 anni.
Nel 1476, dopo la sconfitta e la morte di Radu, Vlad può ritornare sul trono di Valacchia ma, durante l'ennesimo scontro contro i turchi, Dracula morì misteriosamente sul campo di battaglia.
Si dice che sia stata ucciso per sbaglio, scambiato per un turco e altri invece sostengono che fosse stato ucciso dagli ottomani  durante una battaglia e che la sua testa fosse stata inviata assieme alla sua spada a Costantinopoli come un macabro trofeo di guerra; un'altra ipotesi per assurdo invece, vede la morte di Vlad scaturita a causa di un morso di un pipistrello. Si presume che anche questa "diceria", possa aver contribuito ad aver alimentato sul suo conto, la vicenda del famoso Vlad-vampiro.
Molte sono le ipotesi su dove sia collocata la sua salma; secondo gli studiosi, il corpo di Vlad sarebbe stato bruciato mentre altri ritengono che fosse stato smembrato dai turchi sul campo di battaglia oppure a Istanbul. Nel 2014 sono state avviate delle ricerche che sostengono che il corpo di Vlad III, fosse in realtà custodito nella chiesa di Santa Maria la Nova nella città di Napoli dopo che sua figlia Maria (adottata da un nobile napoletano della famiglia Ferrillo), ebbe pagato il riscatto ai turchi per riavere la sua salma.

Tomba di Vlad III a Snagov

La teoria più accertata però è quella che crede che il suo corpo si trovi in un monastero nella città di Snagov; lì, vi è una tomba stranamente venerata dai monaci e da loro è considerata quella del nostro impavido Tepes.
L'avvenuta scoperta dello scheletro ha riscontrato che gli abiti che indossava erano in seta vermiglia, molto preziosi e al dito calzava un anello con inciso il simbolo del famoso "Ordine del Drago".
 Ancora oggi si sostiene che alcuni monaci si radunino in prossimità di quel tumulo e recitino alcune preghiere dedicate a Dracula al fine di "tenerlo a bada". 

C'era una volta...
Dissimili sono le storie tramandate nelle varie culture a proposito del nostro protagonista Vlad III.
La maggior parte di esse sottolineano la sua crudeltà per mezzo di atti brutali che l'hanno reso però famoso, in tutta Europa e non solo. 
Nei primi anni della diffusione dei "bestseller" in Europa, per aumentare le vendite furono pubblicati libri con xilografie raffiguranti delle scene orribili e ad esempio una di queste, rappresentava la sala con al centro un tavolo al quale era seduto Vlad circondato dai cadaveri morti sui pali.
Una leggenda racconta che Vlad avesse un grande recipiente di rame con un grosso coperchio di legno poggiato sopra, avente dei fori sulla parte superiore. Si diceva mettesse le povere vittime nel calderone portando nei buchi le loro teste per poi riempire la tinozza d'acqua e accendere sotto di essa il fuoco, lasciandoli così gridare fino a far fuoriuscire gli occhi dalle orbite e accompagnandoli infine, alla morte.
Inventò altre terribili torture e fece arrostire alcuni bambini obbligando le loro madri a mangiarli; in seguito tagliò i seni delle povere sventurate e, dopo aver costretto i loro mariti a cibarsene, li impalò.
La sua spietata sete di sangue, non risparmiava nessuno.
 Una delle leggende che hanno reso noto il suo mito del vampiro "Dracula", fu il racconto della mania del Principe, di impalare giovani vergini da cui veniva poi spillato via il sangue e conservato in delle ampolle nascoste fra i boccali di vino e di acquavite; talvolta pare che servisse il liquido ai suoi ospiti, ignari.
Fu per questo considerato nel tempo «uno psicopatico, un demente, un sadico. Un assassino raccapricciante e masochista» addirittura peggiore di Caligola e Nerone. 


Si dice possedesse un diario nella quale trascriveva ogni crimine da lui commesso esattamente come si vociferava per la sanguinaria contessa Elizabeth Bathory  la quale si pensa che abbiano potuto avere un legame fra loro che non fosse solo di natura sadica.
Non a caso infatti il "Dracula" descritto da Bram Stoker, lascia pensare che potesse aver attinto non solo dal temerario guerriero sanguinario Vlad III (giacché nel romanzo non vi è l'assoluta conferma che fosse lui), ma anche dalla sua terribile collega omicida.





"Voi mi credete sconfitto maestà, e senza alleati. In realtà ho un alleato molto influente, oserei dire di suprema potenza. Vi consiglierei prudenza perché noi non amiamo perdere".
-Vlad III, Principe di Valacchia.




A cura di Isabella Lilyaan Beaudonte







mercoledì 1 febbraio 2017

Gilles de Rais,da pedofilo omicida all'uxoricida Barbablù




Gilles de Montmorency-Laval barone di Rais (o Retz, o anche Raiz) più comunemente conosciuto come semplicemente Gilles de Rais, è stato un militare ma soprattutto ricordato come assassino seriale francese.
Con una carriera militare di tutto rispetto che lo vide acquisire il titolo di “maresciallo di Francia”, venne colpevolizzato di praticare la stregoneria e l’alchimia e non solo, l’accusa più grave fu quella di aver torturato, stuprato e ucciso almeno 140 fra bambini e adolescenti.


Origini Sulla data di nascita non vi è certezza ma si presume sia nato a Champtocé-sur-Loire , non prima dell’anno 1405, morendo più tardi a Nantes, il 26 Ottobre del 1440. A soli undici anni, rimase orfano di entrambi i genitori (il padre fu ucciso durante una battuta di caccia, da un cinghiale e sua madre invece, morì di malattia) e per questo fu affidato al nonno materno, Jean de Craòn .
Sposò un'ereditiera, Catherine de Thouars, il 30 Novembre 1420. Nel 1427, guadagnatosi il favore del Duca di Bretagna, fu ammesso alla corte francese ‘ove Gilles servì Carlo VII di Francia, come comandante nell'esercito reale combattendo al fianco di Giovanna d’Arco contro gli inglesi e i loro alleati borgognoni durante la Guerra dei Cent’anni, per la quale fu appunto nominato, Maresciallo di Francia.
Circondato dal lusso, dagli spettacoli teatrali da lui stesso finanziati, dall'arredamento sfarzoso, le feste, i banchetti, i pagamenti donati ai suoi amanti, l'acquisto di manoscritti costosi e persino la costruzione di una cappella privata per ingraziarsi i favori della Chiesa, Gilles de Rais, dissipò in poco tempo l'eredità lasciatagli da suo nonno finendo sull'astrico e adottando per questo dei metodi, affinché non rimanesse del tutto "asciutto". Per questo motivo sua moglie lo lasciò, suo fratello mise al riparo il castello di Champtocé-sur-Loire e la sua famiglia, chiese al Re di indurre un'interdizione nei suoi confronti.




Occultismo
In quel periodo Gilles de Rais volle approfondire il suo interesse per l' Occultismo e affidò a Eustache Blanchet, il suo cappellano, di procurargli degli alchimisti ed evocatori di demoni.
Blanchet si recò in Toscana dove a Firenze, incontrò Prelati (un giovane monaco impegnato appunto nell' occultismo) che in seguito, portò in Francia nel 1439.
Prelati, che aveva come scopo di ottenere la famosa "pietra filosofale", convinse de Rais di avere al sevizio un demone personale di nome "Barron" e proprio il primo esperimento fu quello di evocarlo.
La storia racconta che dopo tre tentativi nei quali il presunto demone non apparve, Prelati riferì al suo padrone, che il presunto demone era infuriato e per questo motivo, richiedeva il sacrificio di un bambino; così de Rais, avrebbe fornito al monaco e secondo lui a Barron, le parti del corpo di un bambino riposte in un recipiente di vetro.
De Rais abusava soprattutto dei bambini di sesso maschile ma non trascurava nemmeno le femmine.
Vi erano sparizioni sempre più frequenti e numerosi e quei poveri bambini, venicano sempre più abusati, torturati e infine, uccisi.
In qualsiasi posto Gilles de Rais passasse, mieteva delle vittime e a causa di ciò, si elevarono sempre più storie riguardo un rapitore di bambini e delle donne-streghe che lo aiutavano. Le vittime erano in maggioranza poveri che chiedevano l'elemosina oppure figlie di famiglie modeste che venivano presentati al barone... tutte povere vittime, ignare del fatto che la loro morte, sarebbe stata così atroce.
E malgrado ciò, non vi fu mai alcun risultato positivo con il sacrificio di quelle povere anime e gli esperimenti occulti lo lasciarono con l'amaro in bocca e gravemente impoverito.
Il maresciallo di Francia, arrivò addirittura ad condurre un atto di violenza contro un canonico durante la messa di Pentecoste, nel 1440.
E per questo motivo, il vescovo di Nantes, aprì un'inchiesta nei confronti di de Rais accusandolo più tardi di essere "un assassino, un perverso, un servo del Demonio e colpevole di altri delitti immondi commessi nei territori della giurisdizione".





Processo
 Il 28 Settembre del 1440, Gilles venne processato insieme ai suoi "complici"; deposero dieci capi d'accusa a suo carico e tutti ne lamentavano la scomparsa di bambini attribuendone il loro rapimento, a Perrine Martin detta "la Meffraye" che venne imprigionata a Nantes.
Il 13 Ottobre il processo riprese e i capi d'imputazione ammontavano a ben 49: il maresciallo di Francia insieme ai suoi complici, fu accusato del rapimento di numerosi bambini (si stima un quantitativo di almeno 140) e non solo, secondo alcune fonti egli li avrebbe violentati, uccisi e smembrati nel modo più atroce per poi donarli al fuoco, come sacrificio a dei presunti demoni.
Inizialmente Gilles de Rais non la prese molto bene: con violenza, si gettò contro i giudici accusandoli di volerlo processare per appropriarsi dei suoi beni materiali e per questo motivo, il vescovo e l'inquisitore, lo minacciarono di scomunica.
Dopo 48 ore di tempo, de Rais confessò i suoi crimini: i primi assalti sui bambini, avvennero tra la primavera del 1432 e quella del 1433. I primi omicidi si verificarono a Champtocé-sur-Loire dopodiché egli, si trasferì a Machecoul dove vi fu il "record", dei suoi omicidi. Dichiarò di aver ucciso e fatto uccidere un incerto numero di bambini dopo averli sodomizzati. Circa quaranta corpi di bambini, vennero ritrovati a Machecoul nel 1437.
Il 25 ottobre, in nome del vescovo e dell'inquisitore, Gilles de Rais fu dichiarato colpevole di apostasia, invocazione demoniaca e, a nome del solo vescovo, venne colpevolizzato di sodomia, sacrilegio e violazione dell'immunità della Chiesa.*
Venne giustiziato il 26 ottobre insieme ai suoi due servitori e complici Henriet Griart e "Poitou"; dapprima venne assolto dai peccati commessi e in seguito, fu impiccato e lasciato al rogo.



Da pedofilo "stregone" e assassino, a Barbablù
Uno storico definì Gilles de Rais come "la bestia della distruzione" poiché note e terribili da descrivere, le sue scene di sesso, sadismo e morte vennero riportate negli atti processuali.
Un particolare raccapricciante del maresciallo assassino, era che, nel momento in cui osservava le sue vittime in punto di morte, la sua risata orribile riecheggiava nella stanza, come un segno indelebile che non andrà mai più dimenticato.
Ma se questo è ciò che vive realmente nei racconti storici, un'altra storia che vede protagonista proprio Gilles de Rais, è quella di Barbablù.
Charles Perrault, uno stimato letterato di Parigi, che nel 1697, pubblicò il piccolo volume dal titolo:"Contes de ma mère l'Oye, ou Histoires du temps passé" che narrava diverse favole ottenne ancor più prestigio, proprio grazie al racconto di Barbablù.
Ricordiamo tutti immagino, la sua storia: *un ricco ma non attraente uomo, con una folta barba blu -che all'epoca, provocava disgusto nelle donne-, che aveva avuto sei matrimoni nei quali ogni sua consorte era improvvisamente sparita senza lasciar traccia. Successivamente aver sposato un'altra giovane donna, non passa molto tempo che Barbablù annuncia alla nuova moglie, di doversi assentare per lavoro; dopo averle mostrato l'intera villa e averle messo a disposizione ogni cosa, le consegna un mazzo di chiavi 'ove è libera di usare ogni cosa e aprire ogni stanza tranne la camera segreta aperta da una piccola chiave.
Naturalmente la donna spinta dalla curiosità, aprirà quella stanza proibita scoprendo i corpi morti delle precedenti mogli di Barbablù che, tornando più tardi dal viaggio, lo scoprirà e minaccerà di ucciderla. Con l'aiuto di sua sorella e dei suoi fratelli però, riesce a sopravvivere e, una volta che i suoi fratelli avranno ucciso il marito, essa vivrà una vita felice e nella ricchezza, con un altro nuovo sposo.*
Nel corso degli anni, sono state fatte diverse analisi considerando il racconto di Perrault avente un fondo di verità e di conseguenza si cercò di individuare chi realmente si celasse dietro la maschera di Barbablù.
Se inizialmente si pensò a Enrico VIII (avendo avuto sei mogli e avendone uccisa qualcuna),Ernesto Ferrero nel libro "Barbablù. Gilles de Rais e il tramonto del Medioevo", mette in relazione la figura dello sposo assassino, con quello di Gilles de Rais accusato della sparizione e dell'omicidio di bambini. Secondo Ferrero, nel corso dei secoli, la fiaba è stata in qualche modo trasfigurata nelle sue vittime -o dai narratori popolari o da Perreault stesso- poiché ritenuta irriferibile realmente, ad un pubblico di uditori bambini.


Che Barbablù sia oppure no il famigerato Maresciallo di Francia, Gilles de Rais è ritenuto uno degli assassini più crudeli di quegli anni come il caso di Elizabeth Bathory .
Tuttavia, l'antropologa Margaret Murray e l'occultista Aleister Crowley, sono fra coloro che hanno messo in discussione la partecipazioni delle autorità ecclesiastiche e laiche nel caso. Margaret Murray ha propagato l'ipotesi che Gilles de Rais fosse stato davvero una sorta di stregone aderente ad un culto incentrato sulla dea della fertilità pagana Diana.
La maggior parte degli storici però, rifiutano questa teoria e non considerano Gilles de Rais, come un martire di una religione pre-cristiana.




Note
*Il primo caso di un rapimento e omicidio, fu a sfavore di un ragazzo di dodici anni chiamato Jeudone; due cugini di de Rais, chiesero al pellicciaio per il quale Jeudone lavorava, di "prestargli" il ragazzo per mandare un messaggio a Machecoul e, quando il ragazzo non fece più ritorno, i due, dissero che non avevano idea di dove fosse il ragazzo ma che probabilmente, era stato portato via dai ladri a Tiffauges.
*Jean Benedetti, raccconta nella sua biografia del 1971, come i bambini cadessero nella mani di de Rais e messi poi a morte.
In questo caso, vediamo "protagonista" un bambino:
"Il ragazzo è stato coccolato e vestito con i migliori abiti che avesse mai conosciuto.
La serata iniziò con un grande pasto e c'era molto da bere. Il ragazzo è stato poi portato in una stanza al piano superiore a cui sono stati ammessi solo Gilles e i suoi collaboratori e lì, capì la vera natura della situazione. Il ragazzo così sotto shock, fu alla vista di Gilles, una grande fonte di piacere.



A cura di Lilyaan Beaudonte








Nella sua biografia del 1971 Gilles de Rais, Jean Benedetti racconta come i bambini che sono caduti nelle mani di Rais furono messi a morte:

[Il ragazzo] è stato coccolato e vestito con abiti meglio di quanto avesse mai conosciuto. La serata è iniziata con un grande pasto e bere pesante, in particolare Ippocrate, che ha agito come uno stimolante. Il ragazzo è stato poi portato in una stanza al piano superiore a cui sono stati ammessi solo Gilles e il suo immediato cerchio. Ci è stato confrontato con la vera natura della sua situazione. Lo shock così prodotto il ragazzo era una prima fonte di piacere per Gilles.
Il 25 ottobre fu emessa la sentenza: in nome del vescovo e dell'inquisitore Gilles de Rais fu dichiarato colpevole di apostasia e invocazione demoniaca; a nome del solo vescovo fu dichiarato colpevole di sodomia, sacrilegio e violazione dell'immunità della Chiesa.[2]
Il 26 ottobre de Rais, insieme ai due servitori e complici, Henriet Griart e "Poitou", fu giustiziato mediante l'impiccagione e il rogo, ma non prima di ricevere l'assoluzione dai peccati commessi. Chiese ed ottenne di venire tumulato nella cappella dei Carmelitani di Nantes, luogo di sepoltura dei duchi di Bretagna.[2][7]
La vicenda giudiziaria non si estinse con l'esecuzione: da una lettera di Carlo VII del 1442 si apprende che Gilles de Rais aveva inoltrato appello al re e al Parlamento di Parigi, senza che ciò venisse tenuto in conto dai giudici; poiché i familiari volevano dar seguito alla cosa, Pierre de l'Hôpital, presidente del tribunale di Bretagna, e gli altri giudici, erano chiamati a comparire davanti al Parlamento. In una seconda lettera del sovrano il Parlamento e i balivi di Maine, Angiò e Turenna vengono chiamati all'apertura di un'inchiesta sulle circostanze della condanna. Le lettere furono redatte ma mai spedite: si ignora il motivo, tuttavia è significativo il solo fatto - per quel che attiene le accuse a Gilles de Rais - che Carlo VII le abbia scritte.[2]