mercoledì 27 giugno 2018

Sweeney Todd- Tra leggenda e realtà


Forse non tutti hanno sentito parlare della vicenda che vede protagonista il malvagio barbiere di Fleet Street. Egli è uno dei più grandi casi di assassini nell'Inghilterra del '700. Siamo appunto nella Londra del XVIII secolo, in una città morente, sporca, degradata: ed è qui nasce la storia di Sweeney Todd (vero nome Benjamin Barker), il diabolico barbiere di Fleet Street. Todd è uno dei più grandi esempi di serial killer nella letteratura, probabilmente ideato da Thomas Peckett Prest. Egli nacque nell'ottobre del 1756, sua madre e suo padre lavoravano come operai in una manifattura di seta e lui era il loro unico figlio. Ma i genitori non se la passavano per nulla bene, erano infatti degli ubriaconi  (amanti di Gin per la precisione) e questa era proprio una piaga sociale che affliggeva molti in quell'epoca. Nel 1768 i due morirono durante uno degli inverni più gelidi che colpi’ L’Inghilterra in quell'anno; difatti, mentre cercavano qualche bottiglia di Gin, loro droga continua, morirono congelati. 
Sweeney aveva 12 anni e rimase solo, senza nessuno che si occupasse di lui; allora se ne stette in giro, per le strade di Londra, rubando qua e là, finché non trovò lavoro come apprendista in un grande emporio di John Crook, in cui vendeva rasoi, lame di falce e coltelli. Sweeney aveva il compito di lucidarli, ed è qui che riaffiorarono in lui alcuni ricordi, più precisamente delle suggestioni; abitava vicino la torre di Londra, all'epoca una prigione dove venivano torturati e uccisi i prigionieri che vi abitavano, poi vi erano i secondini della torre, che abitavano lì e che parlavano con questo bambino, e gli tramandavano un piccolo hobby: quello di torturare gli animali. 
Continuando a lavorare in quella bottega, Crook nel 1770 accusò Sweeney ( a quei tempi solo un quattordicenne) di un furto e venne arrestato; dovette scontare ben cinque anni nel carcere di Newgate, dove conobbe un certo signor Plummer. L'uomo in carcere si arrangiava offrendo ai detenuti e ai secondini le sue competenze da barbiere (competenze che, dati i tempi, comprendevano pure l’estrazione dei denti, sistemazione di ossa, guarigione di ferite in suppurazione e tutto ciò che oggi si attribuirebbe a un medico-chirurgo),e decise di insegnare a Sweeney le sue abilità.
L’aver imparato il mestiere da Plummer, permise a  Sweeney Todd, recuperata la libertà all'età di diciannove anni, di intraprendere la vita londinese non come semplice soap boy, ma come barbiere rifinito. Ciò gli permise di mettersi al servizio di chiunque avesse bisogno di farsi la barba o alleviare un mal di denti. Iniziò così ad esercitare il mestiere in strada, non avendo purtroppo soldi per avviare un negozio, unendosi ai vari e numerosi flying barbers (barbieri ambulanti). In quel periodo “bazzicava”dalla parti di Hyde Park. Che non si limitasse al taglio di barba a e capelli, sarebbe stato scoperto diversi anni dopo, ma già nel 1784 la stampa londinese parlò del ritrovamento di un cadavere di un uomo con la gola aperta da un orecchio all'altro, ucciso probabilmente a scopo di rapina, nella zona di Hyde Park. 
Ovviamente Sweeney sfuggì ad ogni capo di imputazione, anche se in realtà fu proprio lui ad ucciderlo nel 1775 poiché quel tale si stava vantando di una donna con cui era stato (Sweeney si convinse che stesse parlando della sua ragazza, così prese il rasoio e con un sol colpo gli tagliò l’orecchio da una parte all'altra). Nel 1785 Todd smise di fare il flying barber e aprì una bottega al 186 di Fleet Street, all’ombra del Temple Bar, il quale arco aveva delle picche dove venivano “esposte” le teste dei nemici della patria.
La zona inizialmente fu nota come “Ink Street” per ospitare sedi di diverse testate (tra le quali, il “The Sun”), diventata zona malfamata e frequentata da delinquenti, ubriaconi e prostitute. Il negozio del nostro barbiere, mostrava il classico cilindro a spirale rosso e bianco e sulla vetrina si poteva leggere “easy shaving for a penny – as good as you can find any”.
La bottega del barbiere era un antro abbastanza tetro, dove si trovava una bacinella usata per custodire i denti marci tolti ai clienti, il camino su cui bollire l’acqua usata per la rasatura, la rastrelliera dove pendevano i ferri del mestiere e una massiccia sedia di legno, insolitamente disposta al centro della stanza.
Un meccanismo segreto consentiva a Sweeney Todd di uccidere e nascondere provvisoriamente le sue vittime. Al centro del pavimento del suo negozio c’era un foro quadrato in corrispondenza dello scantinato, chiuso con una piastra, con fissate due poltrone identiche, una nella parte inferiore, l’altra in quella superiore. Il tutto era collegato ad un meccanismo per una completa funzionalità. Nel retrobottega c’era una leva che, azionata, faceva ribaltare la piastra facendo cadere la vittima dentro la cantina causando al malcapitato di turno la rottura dell’osso del collo (se qualcosa nell'esecuzione andava storto, c’avrebbe pensato successivamente il barbiere con l’aiuto di un rasoio). Di conseguenza, la sedia inferiore occupava il posto di quella precedente, dandogli così tutto il tempo per ripulire qualsiasi traccia di sangue.
Questo meccanismo è stato probabilmente frutto delle abilità apprese negli anni da John Crook. Todd sceglieva le vittime in base al loro aspetto, fondamentalmente i benestanti si riconoscevano dall'abbigliamento e dagli oggetti di valore che si portavano appresso. Se il cliente era probabilmente povero dall'aspetto, il barbiere si accontentava del penny della rasatura, invece che prendersi la vita dell’individuo, fungendo un po' da Robin Hood. Uno dei primi a “sperimentare” l’invenzione del Barbiere Demone, fu un certo Thomas Shadwell che, mentre stava chiacchierando con il barbiere, mostrandogli un orologio d’oro, si rese vittima perfetta per Todd che, alla prima buona occasione, gli recise di netto la gola, azionando poi la leva per far svanire il corpo nella cantina. 
Raffigurazione di Sweeney Todd e una sua vittima.
La stessa sorte toccò ad un ragazzo di nome William, che stava passando davanti al negozio. Il barbiere gli chiese se voleva tagliarsi la barba, lui rispose che aveva fretta perché doveva consegnare una certa somma in denaro, però in qualche modo riuscì a farsi convincere ad entrare nel locale. Dopo averlo fatto sedere, Todd gli tagliò la gola e lo fece cadere sotto nello scantinato. Stavolta scese di corsa le scale, andò a finirlo a colpi di rasoio e intascò il suo denaro. Sweeney Todd uccideva per motivi prettamente economici e non per vendetta come nella versione romanzata e in quella cinematografica (in cui vuol vendicarsi della moglie e della figlia, uccidendo l’uomo che le ha portate via da sé). Basti pensare che dalle capigliature delle vittime, ricavava delle parrucche che rivendeva, oltre che impossessarsi di indumenti, denaro e oggetti di valore. Uccise circa 160 persone; inizialmente i cunicoli che si diramavano sotto tutto il quartiere (collegati con la cantina di Todd), fino ad arrivare ai sotterranei della chiesa di St. Dunstan, erano perfetti allo scopo, dato che ospitavano salme di persone morte. Dopo non molto però, anche i sotterranei iniziavano a diventare stretti per i resti delle vittime di Sweeney Todd, che si è trovato “costretto” a collaborare con la sua complice, e probabilmente amante, Mrs Lovett. La signora (descritta da alcuni come una vecchia decrepita o da altri come una avvenente cacciatrice di uomini) era la vedova di un fornaio di Bell Yard (zona adiacente a Fleet Street), particolarmente abile nel dosare gli ingredienti delle meat pies (pasticci di carne avvolti in soffice pastafrolla), che la rendevano famosa nel quartiere. I motivi e le modalità precise che hanno fatto nascere l’accordo tra il barbiere e la fornaia sono sconosciuti nei dettagli. Si pensa anche che Todd, diventato abbastanza ricco, avesse acquistato il forno della signora Lovett. È probabile anche che Todd, dopo aver fatto amicizia con la Lovett (e averne individuato l’avidità) le abbia confessato le sue malefatte e le abbia proposto di fare parte di questo piano diabolico.
Comunque sia, ognuno aveva il proprio compito: Sweeney Todd uccideva e smembrava le persone assasinate, separando le parti “utili” da quelle scartabili. Mrs Lovett smaltiva le carni (mischiando sapientemente carne grassa e carne magra) attraverso le sue famose meat pies. Gli scarti dei corpi restanti, venivano nascosti nelle catacombe della chiesa di St. Dunstan.
Nell’ottobre del 1801, Sweeney Todd e Margery Lovett finiscono del carcere di Newgate.
L’odore di putridume dei resti delle vittime comincia infatti ad assalire i fedeli della chiesa che, allarmati, chiamano il Dipartimento della Salute londinese, facendo partire le indagini. Ecco la traduzione della frase con cui il prete denuncia il fetore alle autorità:
” Durante l’omelia ero obbligato a coprirmi il naso con un fazzoletto profumato per la forte puzza, cercavo di attenuare quell’odore mefitico, anche tutte le persone che seguivano la messa erano costrette a farlo, ma la chiesa era ormai appestata”.
Iniziano quindi le ispezioni in tutto il quartiere, in lungo ed in largo, ma non appena l’ispettore Blunt e i suoi colleghi cominciano a perlustrare i cunicoli sotto la chiesa si trovano davanti a una scena raccapricciante: 
“C’erano resti umani decomposti, impilati uno sull’altro fin quasi al soffitto. Accanto ad essi, giacevano parti di scheletri con brandelli di carne ancora attaccati. Teste nelle stesse condizioni, erano sparse tutto intorno”. 
Johnny Depp interpreta Sweeney Todd nel film di Burton.
 Inizialmente entrambi non fornirono altri dettagli sulla vicenda, negando di essere colpevoli delle accuse. Dopo vari interrogatori la Lovett cedette e confessò, aggravando volutamente la situazione di Todd, dandogli la colpa completa sull'accaduto e augurandogli la peggior punizione. Poco dopo la confessione, la signora Lovett si suicidò avvelenandosi in cella; Sweeney Todd venne, quindi, giudicato da solo. Tra le varie prove contro di lui, ci sarebbe la storia di questo ricco mercante, sparito insieme a una preziosa collana di perle, regalo di nozze per la fidanzata (questo particolare, rielaborato, verrà utilizzato nel 1850, nella prima opera scritta romanzata su Todd, chiamato appunto “Sweeney Todd: The Demon Barber of Fleet Street” o noto semplicemente come “The String of Pearls”). L'uomo ve condannato all'impiccagione in pubblica piazza il 25 gennaio 1802, davanti a migliaia di persone. Subito dopo l’esecuzione, il corpo fu messo a disposizione di sedicenti chirurghi, che lo portarono via per la dissezione.
Egli fu uno dei serial killer più sottovalutati di tutti, nonché sia famoso  in Inghilterra tanto quanto Jack lo Squartatore. Finì sui penny dreadful (libretti di scarsa qualità cartotecnica, con contenuti quasi “pulp” o sanguinari e scabrosi venduti a un penny) che narravano di pirati, vampiri e serial killer e assassini vari realmente esistiti, da un’idea di un editore, Edward Lloyd. La prima comparsa di Sweeney Todd nel mondo del cinema è stata nel film del 1936 diretto da George King. Todd è protagonista anche di un musical degli anni settanta di cui nel 2008 è stato tratto un musical/horror “Sweeney Todd: il diabolico barbiere di Fleet Street”, diretto da Tim Burton, adattamento cinematografico dell’omonimo musical di Stephen Sondheim e Hugh Wheeler del 1979, a sua volta adattato dal dramma teatrale omonimo di George Dibdin Pitt del 1842. Anni prima era stato fatto anche un film tv “La bottega degli orrori di Sweeney Todd”, diretto da John Schlesinger.
Il romanzo di Sweeney Todd, che riporta i 39 capitoli “originali” dopo la scrematura avvenuta nel 1850, è edito dalla Newton Compton e porta ancora la dicitura “anonimo” per quanto riguarda l’autore. Non si hanno oggi prove concrete dell'esistenza di Sweeney Todd; potrebbe essa essere soltanto una leggenda creata da qualche mente creativa, oppure la testimonianza di chi ha vissuto o ha saputo di questa storia tramite dei parenti. La vicenda però, diventata una credenza popolare, potrebbe esser vera anche senza esitazioni, dal momento che ciò che veniva narrato sui penny dreadful erano storie violente di omicidi esistiti e dimenticati. Per noi è bene ricordare, perché dimenticare la storia è come dimenticare un pezzo stesso di noi. 


Anche durante il giorno,
con attorno il frastorno,
Sweeney ti cattura
ed è forte la paura.
Anche durante la notte,
con Sweeney fai a botte
prima che egli ti uccida
e sul tuo cadavere rida.

A cura di Jessica Renda e Caroline Darko

domenica 31 dicembre 2017

Delphine LaLaurie, leggendaria assassina


Madame LaLaurie
Marie Delphine LaLaurie, nasce nella New Orleans del 1775 da Barthelmy Louis Macarty il cui padre Barthelmy Macarty aveva portato la famiglia in città dalla nativa Irlanda, intorno al 1730.
Sua madre Marie Jeanne Lovable -conosciuta come la vedova Lecomte-, si ritrovò al suo secondo matrimonio sposando suo padre; entrambi i suoi genitori, erano membri importanti nella comunità creola di New Orleans.
L'11 Giugno del 1800, Delphine sposò un alto ufficiale spagnolo e pochi anni più tardi -e sempre a Giugno-, si ritrovò sposa di Jean Blanque, un importante banchiere, mercante, avvocato e legislatore; quest'ultimo acquistò una casa al numero 409 di Royal Street situata sempre a New Orleans che divenne nota poi, con il nome di Villa Blanque.
Delphine ebbe quattro figli: Marie Louise Pauline, Louise Marie Laure, Marie Luoise Jeanne e Jeanne Pierre Paulin Blanque.
Nel 1832, fece costruire un palazzo di tre piani completo di alloggi per gli schiavi, dove visse con due delle sue figlie e il suo nuovo marito Leonard Louis Nicolas -molto più giovane di lei-, mantenendo una posizione centrale nella città.


Torture e schiavitù
Lei e la sua famiglia mantennero un gran numero di schiavi neri; Harriet Martineu -giornalista e scrittrice britannica-, ha prelevato diversi racconti dai residenti di New Orleans i quali sostenevano che gli schiavi della LaLaurie, erano considerati dalla famiglia dei miserabili, inutili.
Tuttavia, nelle apparizioni pubbliche, Delphine era educata e gentile con la gente della zona e tuttalpiù premurosa nei confronti della sua servitù.
Ma la sua bellezza non riuscì a nascondere la sua violenta crudeltà che non passò di certo inosservata a coloro che frequentavano la sua dimora.
Martineau riferì che le voci pubbliche riguardo i maltrattamenti della donna sui suoi schiavi, erano sufficientemente diffuse tanto che un avvocato locale, fu inviato a Royal Street per ricordare alla LaLaurie, le leggi sul mantenimento degli schiavi.
Durante questa visita però, non fu trovata nessuna prova illecita riguardo i comportamenti di Delphine nei confronti dei suoi schiavi.



Uno dei racconti crudeli legati alla donna, narra che una delle sue schiave di nome Lia (o Leah), stava lavando i capelli della LaLaurie quando le strappò erroneamente un nodo dalla folta chioma, facendo sì che la sua padrona, bandisse una frusta e la inseguisse per tutta casa.
La giovane Lia -che aveva appena dodici anni-, per sfuggire a tale punizione, cercò rifugio sul tetto della dimora dei LaLaurie, ma morì cadendo nel vuoto; alcuni dicono che il suo corpo fu sepolto nei terreni della villa, altri ancora che fu nascosto sul fondo di un pozzo.
Secondo Martineau, questo incidente portò ad indagare su Delphine riguardo i suoi crimini e fu costretta a rinunciare a nove schiavi che in seguito, furono poi riacquistati dai LaLaurie, attraverso l'intermediario di uno dei loro parenti.
Altre storie raccontavano di come Delphine tenesse legato il suo cuoco, al fornello della cucina e di come vessava le sue figlie quando tentavano di nutrire gli schiavi.


Il 10 Aprile del 1834, scoppiò un incendio nella dimora dei LaLaurie, esattamente in cucina.
Quando la polizia e i vigili del fuoco arrivarono alla villa di Royal Street, trovarono una donna di circa settant'anni -la cuoca-, incatenata alla stufa dalla caviglia; in seguito, confessò che aveva appiccato il fuoco nel tentativo di sventare ad una punizione che consisteva nell'essere portata nella stanza più in alto dove mai nessuno faceva poi ritorno.
I vigili del fuoco che tentarono di entrare nei quartieri delle vittime, per assicurarsi che tutti fossero stati evacuati abbatterono le porte degli alloggi e trovarono almeno sette schiavi orribilmente mutilati.
Alcuni erano sospesi per il collo con le membra apparentemente distese e strappate da un'estremità all'altra, un altro sosteneva di essere stato imprigionato lì già da alcuni mesi.
Il giudice Jean-Francois Canoge, fu uno di quelli che entrarono nei locali e successivamente depose di aver trovato all'interno della villa dei LaLaurie, "una donna di colore con un collare di ferro e un'anziana sempre appartenente alla medesima etnia, che aveva una profonda ferita sulla testa tanto che non riusciva a reggersi in piedi né a camminare".
Canoge sosteneva che quando interrogò il marito della LaLaurie sugli schiavi, gli fu detto in modo insolente che:"alcune persone dovrebbero stare meglio a casa piuttosto che venire nelle case degli altri per dettare leggi e intromettersi negli affari degli altri".




Una versione di questa storia che circolava nel 1836 raccontata da Martineau, aggiungeva che alcuni schiavi erano emaciati, scorticati e mostravano segni di frusta; altri ancora erano stati legati in posizioni restrittive e indossavano colletti di ferro appuntiti che tenevano le loro teste in posizione statiche. 









Quando la scoperta degli schiavi torturati divenne ampiamente nota, una folla di cittadini locali attaccò la residenza dei LaLaurie e demolì tutto ciò su cui potevano imporre le loro mani.
La polizia locale fu chiamata a calmare la folla ma quando quest'ultima arretrò, ormai era troppo tardi: della proprietà di Royal Street aveva subito gravi danni 'ove a malapena si tenevano in piedi i muri.
Gli schiavi torturati erano stati portati in una prigione locale affinché tutti potessero assistere alla grave sofferenza subita per convincersene.
Il Pittsfield Sun, citando l'inserzionista di New Orleans e scrivendo diverse settimane dopo l'evacuazione degli alloggi degli schiavi, affermò che due degli schiavi trovati nella villa, erano morti durante il loro salvataggio e aggiunse:"Scavando il cantiere, sono stati rinvenuti dei corpi dissotterrati dai terreni della villa e alcuni corpi -in particolare quello di un bambino- sono stati trovati all'interno del pozzo.
La dimora dei LaLaurie


Morte
Marie Delphine LaLaurie
Le circostanze della morte di Delphine, non sono chiare.
George Washington Cable nel 1888, ha raccontato una storia diventata poi popolare ma non provata, che racconta come la LaLaurie sia morta in Francia, in un incidente di caccia al cinghiale.
Qualunque sia la verità Eugene Backes, nel cimitero di St. Louis, scoprì una vecchia lastra di rame incrinata, nel vicolo 4 del cimitero.
L'iscrizione sull'epitaffio recitava:"Madame LaLaurie, nata Marie Delphine MacCarty, décédée à Paris, le 7 Décembre, 1842 à l'âge de 6-" ovvero "Madame LaLaurie, nata Marie Delphine MacCarty, deceduta a Parigi il 7 Dicembre del 1842 all'età di 6 anni".






Secondo gli archivi francesi di Parigi, tuttavia, Marie Delphine MacCarty morì il 7 Dicembre 1849, all'età di 69 anni.







Curiosità
Jeanne deLavigne,scrivendo in Ghost Stories of old New Orleans, sosteneva che Delphine aveva un appetito sadico che non sembrava mai placato finché non aveva inflitto ad uno o più dei suoi schiavi neri, una qualsivoglia forma orribile di tortura e sosteneva che gli schiavi trovati durante l'incendio nel 1834 erano "maschi rinvenuti completamente nudi, incatenati al muro e i loro occhi scavati, alcuni  avevano le unghie strappate via dalle radici e altri addirittura le  giunture insanguinate, grandi buchi nei loro glutei dove la carne era stata tagliata via; le loro orecchie appiccicate o a brandelli, le loro labbra cucite insieme.
Gli intestini erano stati tirati fuori e annodati intorno alla vita nuda, buchi nei crani dove era stato inserito un bastone ruvido per agitare il cervello".
DeLavigne, non citò mai direttamente alcuna fonte per queste affermazioni dai dettagli così crudi e violenti.







Kathy Bates nel ruolo di Delphine LaLaurie, American Horror Story:Coven
Di Delphine era nota anche la sua passione per le creme, tanto ostinata a non voler invecchiare al punto tale da sfruttare -in modo sadico-, il sangue delle sue vittime contro i segni del tempo, ricordando in questo modo la serial killer Elizabeth Bathory già dapprima famosa per la sua ossessione con i bagni di sangue.





Madame LaLaurie, è stata resa nota dall'attrice Kathy Bates, che ne interpreta il ruolo nella serie televisiva American Horror Story: Coven.
















Ad oggi si contano circa 100 vittime che non furono risparmiati dal sadismo di Madame LaLaurie.







A cura di Lilyaan Beaudonte

domenica 21 maggio 2017

Marie Laveau, la regina del voodoo.


Mi pareva piuttosto corretto menzionare nei vari articoli, una donna come lei, conosciuta nel mondo della magia seppur le informazioni riguardo la sua vita, siano piuttosto modeste e non del tutto chiare.
Il suo nome è Marie Laveau ed è stata una religiosa maga e praticante di voodoo che, essendosi creata un alone di mistero attorno alla sua figura, le si attribuì l'epiteto di "regina del voodoo".















INIZIO
Marie Catherine Laveau (10 settembre 1801- 15 giugno, 1881), nacque nel quartiere del Vieux Carré di New Orleans da un padre bianco proprietario terriero e una donna di colore libera, di origine creola.
Fu battezzata come cattolica nonostante la fede voodoo della madre e, diversamente dagli altri creoli, imparò a leggere e scrivere (soprattutto grazie alle influenze del padre).
Tuttavia nel corso del tempo, Marie fu come condizionata dalla madre e, seguendo le sue orme, fu iniziata alle pratiche voodoo già dalla tenera età.



Angela Bassett nei panni di Marie Laveau. - American Horror Story: Coven.

MARIE E IL VOODOO
A New Orleans divenne molto famosa tra la gente comune come sacerdotessa voodoo e ben presto la voce si allargò anche alle caste più alte che iniziarono a richiedere i suoi servigi alla ricerca di fortuna, per problemi d’amore, per una benedizione o unguenti portentosi contro i dolori.
Circa il suo lavoro di parrucchiera, c'è da dire che Marie cominciò ad attirare ben presto, sempre più gente perlopiù incuriositi dai suoi riti di purificazioni e le sue conoscenze erboristiche piuttosto che per farsi tagliare i capelli.
A soli 19 anni Marie Laveau era uno dei personaggi più ricercati della città: era una confidente, leader della comunità creola di New Orleans, gestiva le organizzazioni caritative e di beneficenza.


Nel 1819 giunse a New Orleans Jacob Parrish, un uomo molto ricco originario di Santo Domingo. Egli, pur essendo molto religioso, si presentò a Marie per ricevere un "aiuto" nella sua impresa: l’uomo aveva assoldato un piccolo plotone di 15 ex soldati per contrastare un nuovo attacco degli inglesi dopo la guerra di secessione e voleva estirpare tutti gli inglesi ancora presenti sul suolo americano.
Da quì in poi, ciò viene riportato come una leggenda.
Si racconta che Parrish fosse un uomo alquanto rude e autoritario, pronto a sedurre Marie con lo scopo di carpirne i suoi segreti magici e oscuri e farsi consegnare un elisir in grado di tenerlo in vita anche dopo essere stato colpito a morte. 
L'uomo infatti, aveva sentito che la sacerdotessa del voodoo, era a conoscenza di un rituale che garantiva la sopravvivenza per 50 anni, incolume da ogni malattia o lesione e sarebbe cessato però, allo scadere degli anni e il soggetto in questione, sarebbe morto senza poter evitare la sua sorte.
Parrish non volle lasciarsi sfuggire l’opportunità, ma Marie si rifiutò di concedergli quell’onore, così lui pensò bene di sedurla e nello stesso anno, la sposò nella cattedrale di St. Louis, la più grande e più antica chiesa della città (e ciò fu concesso perché anche l’uomo era creolo).
Il matrimonio fu breve però: restando secondo la leggenda, Parrish convinse sua moglie a formulare comunque il rito e, una volta ricevuto ciò, volle liberarsi di lei divenuta ormai scomoda; ordinò quindi ai suoi uomini, di uccidere Marie creandosi addirittura un alibi andando qualche giorno a New Orleans, lontano da casa.
La "storia" (o almeno in parte dato che le superstizioni locali hanno favorito/sfavorito sulle reali cause e conseguenze avvenute in seguito), narra che Marie riuscì a sventare l'attacco di suo marito Parrish, giacché quel giorno, era andata a far visita a casa di una donna aristocratica del tempo, per consegnare delle erbe medicinali.
Al suo ritorno trovò la bottega completamente a soqquadro, devastata dagli uomini di Jacob Parrish e furiosa, lanciò su di loro una terribile maledizione.



Angela Bassett nei panni di Marie Laveau. - American Horror Story: Coven.

Decine di persone affermarono con certezza che durante quella notte, un branco di ombre dall'aspetto mostruoso, avesse vagato per strada giungendo sin negli alloggi dove erano ospitate le guardie di suo marito e la mattina seguente, i 15 uomini furono trovati massacrati e con il collo spezzato; anche Parrish stesso fu trovato morto nel letto dell'albergo nel quale alloggiava: si dice che avesse gli occhi spalancati e un'espressione di terrore puro; la sua gola era stata dilaniata e l'unica giustificazione che riuscirono a fornire le autorità della Louisiana fu che ad averlo ucciso, fosse stato un orso entrato nella sua stanza (chiusa a chiave e al secondo piano).
Naturalmente gli abitanti di New Orleans non ebbero dubbi sul fatto che dietro l'opera sanguinaria, si nascondesse la magia nera di Madame Laveau.
Marie Laveau continuò a lavorare come parrucchiere e a prestare i suoi servigi magici riuscendo nel tempo a garantirsi anche una clientela tra l’elite bianca di New Orleans.
Diventata una donna influente le venne attribuito l'epiteto di “regina del voodoo”,
Ancora oggi, secondo gli abitanti di New Orleans, si professa che Madame Laveau abbia sempre celebrato riti voodoo per promuovere la buona salute e la fortuna tra i suoi clienti. 






La presunta cripta di Marie Laveau




MORTE

Il quotidiano di New Orleans annunciò la notizia della morte di Marie Laveau, circa il 16 giugno del 1881.
Nonostante ciò, molti hanno sostenuto di aver visto la donna in città anche dopo quella data; tuttavia gli storici suppongono che una delle sue figlie di nome Marie (molte delle sue figlie portavano tra i loro nomi, anche quello di Marie, per seguire la tradizione cattolica), avesse portato avanti la tradizione delle pratiche magiche, prendendo il posto di voodoo queen.
Secondo gli archivi anagrafici di New Orleans però,  Marie Glapion Lavau morì precisamente il 15 giugno del 1881, all'età di 79  anni,
Si crede che Marie Laveau sia stata sepolta nella cripta dei Glapion nel cimitero di Saint Louis, n. 1, New Orleans.
I turisti ancor ora visitano la cripta lasciando nei pressi di quest'ultima una "X", in relazione a una leggenda in cui si narra che se avessero espresso un desiderio a Madame Laveau, avrebbero dovuto lasciare una "X" sulla tomba, girare tre volte, bussare sull'epitaffio e urlare ad alta voce la propria richiesta; in caso Marie Laveau avesse concesso ciò, sarebbero dovuti tornare indietro e cercare la loro "X", lasciando infine un'offerta.



Statuetta di Marie Laveau



CURIOSITÁ
Si dice che Marie possedesse un serpente di nome Zombie, in onore di una divinità africana.
Oralmente la tradizione narra che le sue pratiche magiche, mescolassero sia le credenze cattoliche (più distintamente la venerazione dei santi) sia la fede negli spiriti africani.
Molto probabilmente la sua potenza e la forte influenza, proveniva più che dalla magia, dalla prestante rete di informatori (molto solida), che aveva in qualche modo creato, lavorando come parrucchiera e che la tenevano al corrente di ciò che accadeva nelle case della gente "che contava".
Si sospetta anche, che gestisse una propria casa di appuntamenti che usava come strumento per disporre delle informazioni che le servivano.
Nel 1821 Marie Laveau diventò la compagna del capitano Christophe Glapion, un rampollo di una delle famiglie aristocratiche di New Orleans, ma dal momento che i matrimoni interrazziali erano ufficialmente messi al bando in Louisiana, i due dovettero accontentarsi di vivere insieme per ben 34 anni, fino alla morte di Glapion nel 1855.
Alcuni menzionano che i due ebbero ben quindici figli (o forse quindici fra figli e nipoti), altri invece solamente cinque: tre figlie e due figli.





Marie Laveau

Vorrei concludere la narrazione, facendo luce su un piccolo particolare riguardo la leggenda del rito di "immortalità", lanciato su Jacob Parrish: vi siete chiesti perché l'uomo morì e non guarì dalle ferite come promesso dalla sua sposa? 
A dare una risposta, sono stati proprio i seguaci del voodoo: Madame Laveau non diceva mai bugie, ciò però non vuol dire che lei non abbia omesso un particolare: quel che lei non rivelò a Parrish  fu che la maggior parte dei riti voodoo (come la zombificazione), iniziano ad avere effetto solo dopo qualche giorno dalla celebrazione, di solito tre.
L'uomo volle sbarazzarsi di lei molto presto e  in cambio, fu punito gravemente: quando il cadavere di Parrish fu riesumato per la ricollocazione nel 1953, i custodi del cimitero rimasero sbalorditi notando l'imprevedibile: sul lato interno del coperchio della bara, vi erano solchi profondi di graffi segno che l'uomo, si fosse risvegliato e purtroppo per lui, sotto tre metri spessi di terra, nessuno poté udire le sue grida disperate. 
                                                            A cura di Lilyaan Beaudonte

martedì 2 maggio 2017

La leggenda dell'Erlkonig


Ci sono molte leggende che infestano le menti umane... e che le terrorizzano dai tempi di tempi. Esse possono anche essere tramandate tramite racconti e canzoni.
Una delle più popolari e delle più terrificanti, è quella dell' Erlkonig, ovvero ''il re degli Elfi''.
Egli, viene considerato una creatura malvagia la quale infesta le foreste e conduce i viandanti verso il decesso, la morte.
L'Erlkonig, è un personaggio della letteratura tedesca il quale compare in molte poesie, tra cui la ballata di Goethe, che prende il titolo omonimo. La ballata prende spunto da un fatto realmente accaduto, L'autore infatti, tramite un giornale apprese la notizia di un bambino malato che il padre aveva portato con sé nei boschi per un viaggio miracoloso nel tentativo di raggiungere il villaggio vicino per curare il piccolo dalla forte febbre che accusava. Il bambino, in preda alla pesante influenza, afferma di aver visto l'Erlkonig, il re dei boschi, mentre lo richiamava a sé. Ammette di sentire voci, di vedere ombre, ma il padre non le vede e dà chiare risposte razionali per giustificare gli eventi. Una volta giunti al villaggio, l'uomo scopre il bambino: morto.
Il testo della ballata venne usato da molti compositori, tra cui Schubert e Beethoven volle musicare la vicenda ma accantonò l'idea. 
Si racconta che lo stesso Goethe, quando andò in visita da un amico, in tarda sera, scorse una figura scura su di un cavallo, davanti al cancello. 
L'Erlkonig è una componente importante del folklore europeo, simbolo di leggende, simbolo di paura e mistero. Nel folklore scandinavo, inizialmente, l'Erlkonig veniva visto come una creatura dalle sembianze femminili, Solitamente le elfi femmine, intrappolavano l'uomo umano grazie alle loro, ipotetiche, realizzazioni dei desideri di quest'ultimo: vendetta, sessualità.
La leggenda si basa sulla ballata danese del 1739 dove vede protagonista proprio una fanciulla elfo. 
La storia stessa racconta di un uomo chiamato Sir Oluf, che, recandosi al suo matrimonio, venne stregato dalle melodie degli elfi. La figlia del re degli Elfi, apparve all'uomo e lo invitò a danzare. Nonostante le offerte di oro, egli rifiutò l'invito, causando l'ira della ragazza. 
Presa dall'ira, infuriata, lo colpì. Il giorno dopo, la moglie dell'uomo lo trovò morto sotto il suo mantello scarlatto.
E l'Erlkonig, esiste davvero? E se di notte vi capitasse di intravedere un uomo dal manto scuro? Se vi portasse esso stesso, alla morte?
I Rammstein hanno usato la vicenda per una canzone, Dalai Lama, David Garrett ha suonato la canzone di Schubert che si intitola proprio Erlkonig e anche la band degli Epica ha utilizzato l'argomento per una recente traccia, Once Upon A Nightmare.

King Of Elves (poesia)

Nell'antica notte
lui percorre ogni sentiero
si ode la sua mistica voce
si osserva in penombra
il suo manto scarlatto
e nel buio
si vede il suo volto.
Creatura divina,
mi porterai con te?
Sei forse, qui per me?
Mi raggiungi, 
stringi la mia mano
e sono con te.
Ora non ho più paura,
la mia ora è giunta:
da te si ode un canto
che precede l'eternità.


                                                                                                  A cura di Caroline Freyaa Darko



lunedì 13 marzo 2017

Le foreste più infestate del mondo


Vi sono molti posti al mondo, dove albergano leggende oscure: si dice, infatti, che questi luoghi siano infestati dagli spiriti. Solitamente, essi son sempre castelli, palazzi, ville, luoghi chiusi che ospitano le anime dei morti, ma vi sono altri luoghi, altrettanto oscuri, da tenere in considerazione. Esistono, infatti, delle foreste apparentemente infestate che si celano in alcuni posti della terra.
Qui, riporteremo quelle che, a detta dei testimoni, son le più oscure al mondo.

Aokigahara


Aokigahara:
Conosciuta col nome di Jukai (che significa ''mare di alberi'') è situata alla base del Monte Fuji, in Giappone ed è considerata assieme a ''Hoia Baciu'' la foresta più infestata che ci sia. La foresta Jukai è caratterizzata da rocce, alberi e arbusti e caverne di ghiaccio, non sarebbe così semplice se non fosse definita ''la foresta dei suicidi''. Essa infatti, è stata teatro di numerosi suicidi avvenuti proprio lì, in Giappone, tra quei fitti alberi. E' il secondo luogo al mondo, dopo il Golden Gate Bridge di San Francisco, in cui si verificano la maggior parte dei suicidi di tutto il mondo..
Nel 1960 divenne popolare un romanzo che parlava della storia di due amanti morti suicidi in quella foresta, ma non è da lì che partirono i decessi. Si dice che i suicidi avvenissero già dal XIX secolo.
Nel  1998 il record stimato fu di 74 corpi, battuto dal 2007 con la cifra di ben 78. Anno dopo anno, il numero di morti continuava a salire. Nel 2003 ce ne furono 105,, nel 2004, ben 108. Nel 2010 ben 247 tentarono di togliersi la vita e di congiungersi con la morte, ma per fortuna, solo 54 di esse riuscirono nell'intento.
Per evitare altre morti, son state aggiunti dei cartelli appositi che spingono le persone a ripensare sulla propria scelta e tornare alla vita normale.
Quante altre morti ci saranno?

Dering Woods

Dering Wood:
Chiamato ''la foresta delle urla'', il bosco di Dering Wood si trova nel Kent, in Gran Bretagna ed è uno dei più infestati del Regno Unito. Il nome è stato dato a causa di numerose apparizioni e numerose testimonianze di persone che riportavano urla terrificanti, passi, sussurri e suoni macabri proprio da lì. Son scomparse tante persone lì dentro, in particolare un colonnello XVIII secolo e di un bandito, che venne inchiodato ad un albero e brutalmente decapitato. Nel 1948 20 persone vennero trovate morte nella zona di Mottman, senza presentare alcuna ferita; i testimoni dissero che la notte del massacro furono visibili delle luci dalla foresta. L'autopsia non seppe rilevare la morte dei cadaveri. Un investigatore privato, Robert Collins, condusse delle indagini al riguardo fino a quando morì per un incidente. L'ultimo mistero risale all'ottobre del 1998, quando, nella medesima notte di cinquanta anni prima, quattro studenti recati sul luogo in visita, scomparvero nel nulla mentre gli abitanti asserirono di aver visto delle singolari luci nel cielo.
Non vennero mai più ritrovati.

Devils Tramping Ground

Devil's Tramping Ground:
Esso è un luogo di campeggio situato nella foresta di Bear Creek, North Carolina. Da subito oggetto di leggende e misteri locali, si dice che il Diavolo alberghi lì e infesti un piccolo pezzo di terra dove non cresce nulla. Sempre le voci, dicono che scompari tutto ciò che va nel cerchio e che si sentano rumori strani, di notte. Il cerchio viene anche definito come la ''bocca dell'inferno'', siccome non cresce nulla lì da un centinaio di anni. Chi è rimasto lì per la notte giura di aver visto ombre e di essere stati cullati da una voce morbida e rauca durante la notte: chi giunge lì per la notte, non torna mai sano a casa. 

Hoia Baciu

Hoia Baciu:
Hoia Baciu è la popolare''foresta maledetta'' della Transylvania. Pare che questo gioiello della Romania sia stato vittima della presenza del Diavolo, degli spiriti e degli alieni. Nella metà del '900 cominciarono le prime sparizioni, mentre la tradizione che veniva tramandata da padre a figlio, ha origini molto più antiche.
L'episodio clou fu quello di un pastore con circa oltre 200 pecore, che andando ad Hoia Baciu, poi scomparve nel nulla senza mai più riapparire. Seppur setacciando l'area, l'uomo e le pecore non vennero mai trovate. Un'altra sparizione fu quella di una bambina che stava giocando nei pressi della foresta: ella scomparve e ritornò a casa ben 5 anni dopo, con la stessa età e i medesimi indumenti che aveva il giorno della sua scomparsa ed ella stessa ammise che pensava fossero trascorse soltanto poche ore. Le persone vennero portate a pensare che vi fosse lì un anello temporale, un varco dimensionale. Per tutti coloro che si inoltrano in quel luogo maledetto, c'è sempre qualcosa in serbo: ansia, capogiro, ustioni sulla pelle e tanto altro.
La cosa ancora più misteriosa è che, come ''Devil's Tramping Ground'', v'è un cerchio dove l'erba non cresce: una forma circolare vuota, spoglia, dove neanche gli studiosi hanno mai riportato nulla di anomalo.
Hoia Baciu, rimane, forse la foresta più infestata al mondo.

I misteri nel mondo, non finiranno mai di esserci e, di sorprenderci.

A cura di Caroline Darko

venerdì 24 febbraio 2017

Mary Jane Kelly, ultima vittima di Jack Lo Squartatore


Tutti noi conosciamo la storia di Jack Lo Squartatore, uno dei più grandi serial killer della storia, ma in pochi conoscono ciò che c'è da sapere su Mary Jane Kelly.
Purtroppo si hanno poche notizie su di lei. 
Nota anche come Mary Jeanette, Black Mary, Fair Emma e Ginger, al momento della sua morte aveva 25 anni e viveva in povertà, costretta a prostituirsi. Si dice avesse lunghi capelli rossi, occhi grandi blu e che fosse alta 1.70 m e magra, ma ben formosa. 
Mary Jane Kelly, a detta di tutti, era molto bella e attraente, con la carnagione chiara. Affascinava ogni uomo. 
Ginger portava spesso un grembiule bianco e pulito, ma mai cappelli ed era una grande bellezza per gli standard dell'epoca.
Secondo Joseph Barnett, l'ultimo uomo che visse con lei, Mary Jane nacque a Limerick, in Irlanda, nel 1863, e la sua famiglia si trasferì nel Galles quando lei era piccina. 
Suo padre era John Kelly e lavorava il ferro, aveva sette fratelli e una sorella; un fratello di nome Henry che combatté nella seconda battaglia di Scot Guards. Ella disse a una sua amica, Lizzie, che un membro della famiglia lavorava per il teatro a Londra. Una ex vicina di stanza, la McCarthy, descrive la nostra Mary Jane come una grande studiosa e una grande artista, ma analfabeta; difatti, Mary Jane si lasciava leggere il giornale e i necrologi dalla McCarthy.
Nel 1879, la Kelly si risposò con un minatore di nome Davies, che venne ucciso due o tre anni più tardi in una esplosione di mine. Ella si trasferì prima a Cardiff dove restò ricoverata in ospedale per un anno e poi da una cugina dopo vari mesi e, tornando a Londra, trovò lavoro nei sobborghi, in un bordello nel West End. 
Venne invitata in Francia da un cliente, dove usò il soprannome ''Mary Jeanette'' per la prima volta, per poi adottarlo frequentemente. Mary Jane dopo un po' di tempo venne conosciuta anche con il soprannome di ''Fair Emma'', anche se non si sa per quale motivo: se per il colore di capelli, per la carnagione o per la bellezza. 
Molti dicono che presumibilmente venne chiamata ''Ginger'' per i capelli color zenzero.
Visse prima con un uomo di nome Morganstone, poi con un altro chiamato Joe Flemming.
Da ubriaca, era solita cantare canzoni irlandesi e, quando era in quello stato, diveniva rabbiosa e causava litigi e per questo venne chiamata ''Black Mary'', l'oscura Maria.
La McCarthy infatti, diceva di lei che fosse una buona persona, serena, solare e tranquilla, ma rumorosa da ubriaca: una vicina disse che ruppe anche una finestra. Barnett incontrò Mary Jane nel 1887 e lavorava al mercato del pesce, ma quando i soldi cominciarono a scarseggiare, Mary Jane cominciò di nuovo a prostituirsi, pur non volendo.
Barnett la lasciò ma continuò a vederla. Egli visitò la Kelly per l'ultima volta tra le 19:00 e le 20:00 dell'8 Novembre. Quella sera Ginger era in compagnia di un'amica, Maria Harvey.
Secondo una prostituta, Mary Ann Cox, nell'ultima sera Mary Jane tornò a casa con un uomo dai capelli color zenzero anch'egli che indossava un cappello a bombetta e portava un pacco di birra. Ginger era ubriaca e cantava ripetutamente la canzone irlandese ''A Violet I Pluckd From Mother's Grave''. Ella stava ancora cantando quando Mary Ann uscì di casa e anche quando fece ritorno.
Elizabeth Prather disse che quando andò a dormire, all'1:30 della sera, Mary Jane smise finalmente di cantare. L'operaio George Hutcinson, che conosceva molto bene la ragazza, ammise di averla incontrata in strada verso le 2:00 di notte; ella gli chiese un prestito di sei pence per pagare l'affitto della sua stanza, ma lui non poté darglieli. Così Mary venne fermata da lui... un uomo dall'apparente aspetto ebreo. In seguito l'uomo diede una descrizione dettagliata dell'uomo, pur essendo stati effettivamente al buio: basso, con baffi, ben vestito e capelli biondi. 
Si diressero verso l'abitazione di Mary e lei si lamentò di aver perduto il fazzoletto, così l'uomo gliene rese uno suo rosso. Alle 2:45 si diressero in camera di Mary. 
La Cox tornò a casa alle 3:00 e dichiarò di non aver sentito nulla provenire dalla stanza di Mary e di non aver veduto nulla, poiché le luci erano spente. 
Però, fortunatamente, sentì qualcuno abbandonare la casa verso le 5:45 di mattina.
Elizabeth Prather e Sara Lewis, vicine di casa, sentirono verso le 4:00 l'urlo ''Murder!'' , ovvero ''Assassinio!'', cosa normale da sentire in quei quartieri, di notte. 
La mattina del 9 Novembre 1888, il padrone di casa Kelly John McCarthy mandò a riscuotere l'affitto e Mary Jane era in ritardo di sei settimane dal pagamento per 29 scellini. Alle 10:45 bussarono alla sua porta ma non ricevettero risposta. Allora sbirciò in casa e fece una scoperta agghiacciante: il corpo orribilmente mutilato della giovane Mary Jane.
Delle persone dichiararono di aver visto la ragazza il mattino seguente, ma le loro descrizioni non corrispondevano a quella di Mary. 
I vestiti di Mary Jane vennero bruciati, probabilmente per fornire luce nella camera. La mutilazione del cadavere era sicuramente la più estesa degli omicidi di Whitechapel, la più sadica, la più terrificante. Il Dr. Thomas Bond e il Dr. George Bagster Philips esaminarono il cadavere. Philips asserì che ci vollero almeno due ore per eseguire le mutilazioni, e Bond invece, che il rigor mortis sarebbe avvenuto probabilmente tra le 2:00 e le 8:00 del mattino. Il corpo giaceva nudo nel mezzo del letto, le spalle piatte ma l'asse del corpo inclinata verso il lato sinistro del letto, la testa girata sulla guancia sinistra.  Il braccio sinistro era vicino al corpo con l'avambraccio piegato ad angolo retto e disteso attraverso l'addome. Il braccio destro era leggermente staccato e appoggiato sul materasso. 
Le gambe divaricate, la coscia sinistra ad angolo retto rispetto al tronco. L'intera superficie del ventre e cosce vennero rimossi  e la cavità addominale svuotata dalle viscere. 
I seni sono stati tagliati fuori, le braccia mutilate dalle diverse ferite frastagliate e il volto tagliato, sfigurato, irriconoscibile delle sue caratteristiche. I tessuti del collo sono stati interrotti tutto fino all'osso. L'utero, reni e seno vennero trovati sotto la testa, l'altro seno accanto al piede destro, il fegato tra i piedi, gli intestini dal lato destro e la milza al lato sinistro del corpo. I lembi rimossi dalle cosce e dall'addome erano su un tavolo. Il resto dell'abbigliamento era saturo di sangue, e al piano di sotto c'era una pozza che copriva almeno due piedi quadrati. Il viso era completamente squarciato, di tutto, tutto rimosso: naso, bocca, occhi. Il pericardio era reciso e il cuore... il cuore non c'era più: scomparso nel nulla.
Il coltello utilizzato per il delitto fu lungo circa 25 mm e largo 150, ma non si pensa che per fare ciò l'assassino abbia avuto competenze mediche, (come ad esempio avvenne per la Black Dahlia).
La mutilazione è stata inflitta da una persona che non aveva nessuna conoscenza nel campo, nemmeno da macellaio. 
Il corpo venne identificato da Barnett, che riconobbe l'orecchio e gli occhi. 
Mary Jane Kelly, venne brutalmente così, ammazzata, da uno dei più grandi serial killer di tutta la storia. 
Kelly è stato sepolta nel cimitero cattolico a Leytonstone, il 19 novembre 1888 e nessun membro della famiglia andò al funerale. 
E Jack lo squartatore, non venne mai trovato.
E magari un giorno potrà avere la sua vendetta in un'altra vita, Mary Jane, e la sentiremo ancora cantare quelle tanto belle canzoni irlandesi, che la riportavano, inconsciamente, a casa.

                                                                                                       A Cura di Caroline Freyaa Darko
                                                                       

Quel giorno, non sarebbe dovuto arrivare.  
In quel giorno, non sarebbe dovuto accadere, ma è successo.  
Le sue lame affondarono nella mia carne veementemente, con rabbia, eccitazione, pazzia.  
Cieca follia che abbagliava la mente di quell’uomo dall’aspetto tanto regale e insospettabile. Chiedevo solamente di passare l’ennesima notte in compagnia di un individuo, per sopravvivere all’inverno, alla vita, al resto dei miei penosi giorni.  
L’alcool aveva alleviato la sofferenza, i ricordi, i pensieri più tetri. Quella notte, era stato tutto già molto singolare. 
 Rammento di aver cantato a lungo, a voce alta, mentre ci dirigevamo al mio scialbo appartamento.  
Camminavamo sul ciglio della strada, la figura bassa e inquietante, di fianco alla mia persona; non parlava, se ne stava in silenzio ad ascoltare la mia patetica performance da quattro soldi.  
Non smisi di cantare nemmeno una volta giunti in casa; gli chiesi se volesse dell’acqua - ch'era l'unica cosa che potessi permettermi- , ma dissentì, così presi a spogliarmi lentamente nel solo modo sensuale che riuscissi a fare.  
E lui mi fissava: i suoi occhi seguivano ogni centimetro nudo della mia pelle, poco alla volta, bramoso e smanioso di assaggiare, ma non lo faceva come di solito gli uomini adoravano fare. 
C’era qualcosa di strano nel suo sguardo, qualcosa che mi catturò e mi mandò fuori di testa.  
Avanzò verso di me mettendosi poi in ginocchio: baciò il mio ventre piatto ispirando il profumo della mia carne mentre una sua mano, viaggiava fra le mie cosce incontrollata.  
Mi accarezzò piano, come se temesse di rompere un cristallo fragile e raro ma quando mi distese sul letto, diede inizio alla sua opera.  
Fu dentro di me e mi parve che l’universo stesse collassando; il mio cuore si riempì di una sensazione di pienezza finora sconosciuta e cominciò a battere furioso, come un cavallo durante una corsa.  
Le spinte veloci, decise, così naturali da mettermi angoscia ma così intense da mandare la mia mente altrove, in luoghi ignoti.  
Spinse il mio corpo sopra di lui e non smise un solo secondo di guardarmi, studiarmi, carpire ogni mio gemito e bearsi del lavoro che stava svolgendo. 
Estasiata perdevo la cognizione delle cose e a ogni balzo sul suo membro duro, era come toccare il cielo e poi tornare alla realtà.  
Ripeté il mio nome così tanto, che ancor oggi il suono della sua voce echeggia nella mia mente. 
Mary Jane, Mary Jane”. 
 Eppure mi parve di non avergli mai rivelato la mia identità.  
Sii la mia bambina, tutta la notte. Sii la mia piccola Ginger”. 
E io lo assecondai, era il mio lavoro… e sentivo il bisogno di farlo.  
Raggiunsi l’ennesimo orgasmo, lui con me in una meravigliosa e inquietante sincronia.  
Subito dopo, allegra, cantai nuovamente: intonai la stessa canzone che la mia mamma mi sussurrava per farmi addormentare, quando ancora ero una fanciulla e vivevo nella mia cara e amata Irlanda.  
Sempre fisso su ogni mio gesto, lui se ne stava a guardare ciò che io non riuscii a capire mai. 
Poi accadde il peggio.  
Le sue lame trovarono e dilaniarono il mio corpo nudo, lo straziarono, lo torturarono, presero a giocare con esso in modo malato, possessivo.  
Non ebbi neanche la forza di difendermi, di strillare forte e uscire fuori a chiedere aiuto pur essendo certa che nessuno mai avrebbe dato una mano, a una prostituta come me.  
E piangeva Jack, preso dalla sua follia d’amore. Piangeva entusiasta dell’atto appena compiuto, delle sue fantomatiche gesta. 
Quella notte, feci l’amore con uno sconosciuto più volte, e benché non riuscissi a comprendere quell’assurda e malsana situazione, mi sentii appagata realmente.  
Quella notte, Jack, mi coccolò nel modo in cui si tratta una donna rispettata e di un certo ceto  
sociale.  
Quella notte, Jack, decise che sarebbe stato per me l’ultima della mia vita.  
Feci l’amore con il diavolo scendendo fino all’inferno, eppure in un modo così malato da non poterlo dimenticare, mi parve di toccare il paradiso.
                                                                                                                     A Cura di Lilyan Beaudonte